BAGHDAD – Centomila cristiani in fuga. Donne, bambini, anziani, e con loro sacerdoti e suore, in marcia per cercare di trovare rifugio dopo essere stati costretti a lasciare le loro case, molti addirittura in pigiama e scalzi. Questo il nuovo scenario che si registra nel nord dell’Iraq, dove i miliziani dello Stato islamico (Isis) continuano la loro avanzata che né l’esercito governativo né le forze Peshmerga curde sembrano più in grado di fermare.
Intanto Barack Obama ha autorizzato il via libera a raid aerei per bombardare i militanti dell’Isis. L’aviazione Usa effettuerà raid mirati contro i miliziani dell’Isis (Stato islamico) nel nord dell’Iraq. “Oggi ho autorizzato bombardamenti aerei mirati in Iraq per colpire i terroristi, proteggere il personale americano e prevenire un potenziale genocidio. Ho autorizzato anche il lancio di aiuti umanitari a favore della popolazione irachena in difficoltà”, ha affermato il capo della Casa Bianca in una dichiarazione in diretta tv. “Non potevamo chiudere gli occhi”, ha proseguito, precisando che i caccia americani entreranno in azione “se necessario e i bombardamenti saranno mirati. Vogliamo evitare il genocidio ma non permetteremo che gli Usa siano trascinati in un’altra guerra in Iraq“.
Un “appello alla comunità internazionale” è stato rivolto dal Papa per “porre fine al dramma umanitario in atto e perché si adoperi a proteggere i minacciati dalla violenza e assicurare aiuti agli sfollati”. Un appello che il Pontefice ha lanciato alla “coscienza di tutti”, mentre invita a pregare tutti i cristiani e le Chiese.
La Francia è stata la prima a rispondere: dapprima chiedendo una convocazione d’urgenza del Consiglio di Sicurezza dell’Onu e poi confermando “la sua disponibilità a dare sostegno” alle “forze che in Iraq sono impegnate” nella lotta agli estremisti islamici.
“Saccheggiano, devastano, rubano nelle case, non risparmiano nemmeno le chiese”: così monsignor Yousif Thoma, arcivescovo caldeo di Kirkuk e Sulaymaniyah, descrive alla Misna il dramma di Qaraqosh, la città cristiana del nord dell’Iraq occupata dai ribelli sunniti insieme ad altri tre centri. “Tutti e 50.000 gli abitanti hanno dovuto abbandonare la città – denuncia monsignor Thoma – e stanno raggiungendo a piedi Erbil o Sulaymaniyah (nella regione del Kurdistan, ndr)”.
Altre fonti parlano di una marea di 100.000 profughi disperati in marcia, contando anche quelli che avevano trovato rifugio a Qaraqosh e nei villaggi vicini dopo essere stati costretti a fuggire da Mosul, conquistata dallo Stato islamico nel giugno scorso. I jihadisti hanno anche “tolto le croci dalle chiese e bruciato antichi manoscritti”, denuncia il patriarca caldeo di Kirkuk, Louis Sako, parlando di un vero “disastro umanitario”.
“I cristiani hanno dovuto abbandonare tutto, persino le scarpe, e scalzi sono stati instradati a forza verso l’area del Kurdistan”, dice all’agenzia vaticana Fides il cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli. Ma sono tutti i non sunniti ad essere presi di mira dallo Stato islamico nella sua folle guerra santa. Almeno 8 profughi ospitati in una moschea sciita di Kirkuk sono morti oggi e altri 40 sono rimasti feriti in un attentato suicida.
I Peshmerga curdi, pur con la copertura aerea dell’aviazione di Baghdad, sembrano in notevole difficoltà di fronte ai miliziani che avanzano sotto la bandiera di questa nuova Jihad.
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