ROMA – Las Vegas: 59 morti. E più di 500 feriti. Come si fa, come è possibile da una finestra al 32° piano di un grattacielo albergo colpire tante persone? Come si fa a sparare così tanto? Seicento bersagli umani colpiti sono un’enormità difficile anche da immaginare. Seicento volte proiettili andati a segno, seicento!
Ecco come si fa: Stephen Paddock ha via via portato in quella stanza di albergo 23 fucili, 23! Lo ha fatto usando dieci valigie in cui ha messo le armi. Una parte delle armi che aveva a disposizione, a casa ne ha lasciati altre 19 di armi da fuoco. Dunque Paddock è, prima di sparare a migliaia nella platea del concerto, un normale cittadino americano che si è comprato senza destare obiezione alcuna e senza nessun ostacolo 42 armi da fuoco, 42! Pare che alcune di queste, quelle usate per il mattatoio di umani, Paddock le avesse modificate per la bisogna. Con un dispositivo che accelera il ritmo di fuoco e trasforma di fatto le semi automatiche in armi da battaglia, dispositivo ovviamente disponibile sul mercato.
In quella stanza d’albergo Paddock ci stava da giorni, l’aveva voluta e scelta. Il mattatoio di umani lo aveva pensato, studiato e ci aveva lavorato sopra. L’inclinazione, l’angolo di tiro dalla sua stanza sulla folla da massacrare è ideale: dall’alto verso il basso, trecento metri, nessun problema di mira, là sotto sono in migliaia, spari nel mucchio e fai centro.
Immaginate di essere anche voi a un concerto o comunque in una piazza molto gremita. Da una torre delle luci o da un campanile sparano sulla gente con il ritmo di fuoco di un mitra. E sparano migliaia di proiettili, tanti ne aveva Paddock oltre ai 23 fucili in stanza. Migliaia di proiettili sparati, nelle pur numerose stragi americane mai un volume di fuoco così grande sulle vittime.
Ecco come è successo. Ma manca ancora un qualsivoglia perché. Posticcia appare la rivendicazione Isis e assi improbabile questo 64 americani di ceto medio che si converte in un lampo all’Islam e alla guerra santa contro l’Occidente e diventa soldato dell’Isis.
Forse la traccia di un perché può venire dalla biografia del padre di Stephen, un rapinatore seriale di banche a lungo most wanted, cioè ricercato dalla polizia perché evaso e pericoloso. Ma quale traccia? La traccia di una falla psichica in Stephen rimasta silente per 64 anni?
E allora? E allora un perché non c’è, un perché un uomo si metta in auto esplosivi, si metta in dieci valigie 23 fucili, si porti in camera i fucili e migliaia di proiettili. Poi sfondi la finestra della sua camera quel tanto che serve a dare libero campo di tiro alle sue armi e cominci a sparare, sparare, sparare…Anzi a mitragliare gli umani che sono sotto di lui, lì a trecento metri, non li vede in volto ma sono sagome umane distinte. Li abbatte, a gruppi, uno per uno. Colpisce, fa centro seicento volte e gli ci vuole tempo per seicento centri. E’ quasi stanco ma non si ferma, qualunque sia il suo perché non si sazia del primo sangue, vuole il mattatoio.
E mitraglia, mitraglia, mitraglia. Per minuti che sono eterni ma lui è fuori del tempo. Poi sente passi alla porta, si gira e spara anche agli agenti, infine spara a se stesso. Un perché non c’è e forse non può esserci.