Si è spento domenica 4 luglio a Beirut all’eta’ di 74 anni il Grand Ayatollah Muhammad Hussein Fadlallah, fra le piu’ importanti autorita’ sciite dell’intero mondo islamico e considerato per anni l’ideologo degli Hezbollah libanesi, la cui tv al Manar ha oggi interrotto i programmi per trasmettere Corano in segno di lutto.
Da 15 anni iscritto nella lista nera americana delle figure sponsor del terrorismo, Fadlallah, che vantava una discendenza diretta dal profeta Maometto, aveva però da tempo preso le distanze da alcune scelte del movimento sciita, così come aveva espresso riserve sulla supremazia politica e religiosa della guida della Rivoluzione islamica iraniana. Un’emorragia interna gli è stata fatale ma, gravemente malato, negli ultimi mesi entrava e usciva dall’ospedale Bahman, nella periferia sud di Beirut, roccaforte di Hezbollah, dove e’ morto, suscitando il cordoglio delle autorita’ libanesi ma soprattutto quello di migliaia di fedeli sciiti in tutto il mondo.
Feroce critico della politica americana in Medio Oriente e contrario all’esistenza di Israele, l’ayatollah si era pero’ distinto per le sue prese di posizione a favore delle donne, esprimendo pareri all’avanguardia: contro il crimine d’onore, il burqa afghano e favorevole all’aborto, qualora ci sia rischio per la donna stessa. Fadlallah era nato in Iraq, nella citta’ santa sciita di Najaf, da una famiglia originaria del sud del Libano. Era tornato nel suo Paese nel 1966 dopo 21 anni di studi di scienze islamiche, durante i quali era stato compagno di Ali Khamenei, attuale guida suprema della rivoluzione iraniana.
La guerra civile libanese (1975-90) acuì le sue posizioni ideologiche: favorevole alla lotta armata contro l’occupante israeliano e americano in Libano, ma contrario al rapimento di civili. Nel 1985 era sfuggito a Beirut a un attentato dinamitardo attribuito in seguito alla Cia americana. Vent’anni piu’ tardi sara’ proprio lui a ricordare che l’Islam considera illecito (haram) colpire civili innocenti.