I cristiani erano un tempo una forza vitale in Medio Oriente, ma l’emigrazione, la violenza politica, l’assenza di opportunità economiche e la diffusione del radicalismo islamico hanno fortemente diminuito il loro numero e la loro influenza nella regione, a quanto scrive il New York Times in una corrispondenza da Gerusalemme.
In Libano il cristianesimo era la religione dominante, i cristiani occupavano alti incarichi nel movimento palestinese, in Egitto la loro ricchezza era addirittura sproporzionata rispetto al loro numero, in Iraq affollavano le università e le professioni e nella regione rappresentavano un fondamentale collegamento con l’Occidente.
Nel suo viaggio in Medio Oriente, il Papa si rivolge quindi ad una comunità la cui consistenza numerica si va sempre più assottigliando se si considerano i dati secondo cui nella regione, a fronte del 20 per cento di cristiani un secolo fa, ora sono ridotti al 5 per cento.
Il Times definisce questa situazione «profondamente preoccupante» per la religione più seguita nel mondo, praticata da un terzo dell’umanità, mentre i suoi più importanti santuari e luoghi di culto nella terra dove ha camminato Gesù e dove il cristianesimo è nato «rischiano di diventare reliquie da museo senza alcun legame con le popolazioni dove si trovano».
Questo stato di cose ha spinto l’arcivescovo di Bagdad, Jean Benjamin Sleiman, a fare una dichiarazione che è suonata come una condanna in tutta la regione: «Temo – ha detto il prelato – l’estinzione del cristianesimo in Iraq e in tutto il Medio Oriente».
Il Papa ne è naturalmente ben cosciente e nella messa celebrata martedi ai piedi del Monte degli Ulivi a Gerusalemme ha parlato della «tragica realtà» rappresentata dalla partenza negli anni recenti di tanti membri della comunità cristiana.
Quantunque comprensibile, soprattutto per quanto concerne i giovani, «la decisione di emigrare comporta una grande impoverimento culturale e spirituale», ha detto Benedetto XVI, il quale ha ripetuto quanto affermato in altre occasioni, e cioè che «in Terrasanta c’è spazio per tutti».
La realtà, però è diversa, scrive il Times. Infatti, giacché la cultura islamica – specialmente quella fondamentalista – spesso si pone come avversaria dell’Occidente, il cristianesimo in alcuni Paesi del Medio Oriente è stato relegato al ruolo di nemico.
All’allarme manifestato dal vescovo di Bagdad si è unito Sarkis Naoum, un editorialista cristiano del giornale libanese Al Nahar. «A meno di un improbabile svolta laicista nel mondo arabo – ha detto – non credo che in questa regione ci sia più posto per i cristiani».