PRETORIA – Alla sorpresa di San Valentino finita male la polizia sudafricana non crede. E’ bastato mettere insieme qualche elemento, le precedenti litigate e le urla spesso sentite dai vicini, compresa quella notte, per accusare Oscar Pistorius di omicidio. Per ora solo un’accusa, un pesante sospetto. Ma se davvero l’ha uccisa, perché? Una lite degenerata o un odio pian piano cresciuto? O un rancore covato, rancore nato da quali contrasti? O l’impossibilità che la stessa storia continuasse? O una storia artificiale drammaticamente crollata su se stessa? O ancora la banalità dell’amore che si muta nel suo contrario, drammatica ma ordinaria banalità nonostante l’assoluta eccezionalità dei due personaggi della coppia?
Storia di Oscar e Reeva, storia, forse, di ordinaria cronaca se non fosse per la celebrità dei due. Lo sfondo è una villa in un ricco comprensorio di Pretoria, Sudafrica. Lui, un atleta bello e caparbio, che ha tentato l’impossibile: giocarsi un’Olimpiade tra i normodotati pur non avendo le gambe. Amputate, dal ginocchio in giù. Se di handicap fisico si tratta, evidentemente non è stato anche una barriera al successo e alle relazioni. Il più fotografato, il più acclamato, l’atleta più noto del Sudafrica, anche per via di quelle gambe al titanio. Sponsor, successo, soldi, una villa di lusso, anche se la medaglia d’oro non è mai arrivata. E sì, anche una fidanzata da urlo: Reeva Steenkamp non è un nome noto in Italia, ma è una delle modelle più acclamate al mondo, era costantemente inserita tra le classifiche delle “100 donne più belle”.
Perché? Se non si tratta di grilletto partito contro un presunto ladro, ma di colpi sparati volontariamente, ben quattro, perché hanno mirato alla testa e alle spalle, perché ucciderla?
Che si sia trattato di una storia più di celebrità che d’amore? Magari di quelle alimentate per appassionare il pubblico, perché la celebrità si nutre anche di questo. Un bisogno reciproco, per continuare ad avere ingaggi (lei) e sponsor (lui). Una versione di certo maligna, ma cosa c’è di più riuscito di uno sportivo bello e di successo nonostante le gambe al titanio, e di una modella impegnata in prima linea contro la violenza sulle donne, piaga che in Sudafrica è più sentita che altrove? Magari una storia forzata, con tutte le nevrosi del caso? E’ un’ipotesi campata in aria, forse, che poco spiega un gesto così clamoroso: perché sparare e uccidere se non c’è odio né amore?
Crediamo alla storia d’amore, allora. Una storia ordinaria, al netto di tutto il glamour che i due protagonisti famosi portano con sé. Una storia fatta d’amore e litigi, come quelli sentiti dai vicini di casa, anche la notte stessa degli spari. Una storia come tante se ne leggono, ma questa è più “speciale” perché Oscar è un campione mondiale, è famoso, è uno che le tv farebbero a gara per avere ospite nello show del sabato per le famiglie. Perché incarna il valore dello sport e del riscatto, dell’handicap atroce di non avere più le gambe rovesciato nel suo contrario, fino a diventare chiave del suo stesso successo. Come può “Oscar il buono” litigare e sparare alla testa della fidanzata bella, bionda, sexy, e impegnata nel sociale? Ha potuto, a quanto pare, come tanti uomini possono e fanno quotidianamente.
Non è chiaro che storia sia quella di Oscar e Reeva, le accuse si formeranno quando i dettagli saranno più definiti. Ma è quasi impossibile sfuggire alla tentazione di assolvere l’atleta bionico: Oscar non può esserne capace, che favola al contrario è quella dell’eroe buono che uccide la fidanzata modella? Una banale, drammatica storia di femminicidio al cuore della fama, del successo e forse anche, per qualche momento almeno, della felicità.
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