ROMA – Papa Francesco “idolo” dei laicisti. Antonio Socci: “Finirà come con Pio IX”. Può essere utile per laici e cattolici contestatori, l’ammonimento che Antonio Socci ripete a quanti professano un entusiasmo forse immotivato per Papa Francesco, con troppa fretta salutato ed esaltato come artefice di una rivoluzione modernista in seno alla Chiesa. Su Libero, Socci stigmatizza la doppia lettura che si dà del papa argentino (“Uno per la chiesa, uno per i giornali. Ci sono due Papa Francesco”), una a esclusivo beneficio di una pubblicistica evidentemente interessata, l’altra, di cui poco si parla, di un pontefice che agisce nel solco di una continuità dottrinale immodificabile. E se una rivoluzione l’ha compiuta, è nel segno del Vangelo.
Di Papa, secondo Socci, ce n’è uno solo ed è sicuramente illusorio arruolarlo tra i promotori di idee laiciste quando non eterodosse. La più clamorosa, l’abbaglio meno giustificabile, Socci lo rintraccia in un articolo di Ian Buruma su Repubblica (fra i principali laudatores del nuovo presunto corso papale) dove addirittura, descrivendo il primato della coscienza come guida delle nostre scelte etiche, attribuiva al Papa l’idea che “non è poi necessario che Dio o la Chiesa ci dicano come dobbiamo comportarci”.
I Dieci Comandamenti, ha detto il Papa, sono «solido fondamento e sorgente di vita anche per la nostra società», indicandone dunque la validità anche per la vita sociale e politica. Poi ha sottolineato che del Decalogo, legge consegnata da Dio a Mosè sul Sinai, c’è estremo bisogno perché la società del nostro tempo è «così disorientata da un pluralismo estremo delle scelte e degli orientamenti, e segnata da un relativismo che porta a non avere più punti di riferimento solidi e sicuri». Francesco ha dunque richiamato il magistero di Benedetto XVI per affermare che nel Decalogo la coscienza trova il suo ancoraggio sicuro, contro il dilagante relativismo. Con tanti saluti a Repubblica, a Scalfari e a Buruma. (Antonio Socci, Libero)
Prima della coscienza c’è una legge che non è lui a darsi ma alla quale deve obbedire. In sintesi, spiega Socci, questo è il lascito ineludibile che fonda la Verità, senza la quale sono possibili Hitler, Stalin, Priebke. Rischiano, i laicisti illusi, di rimaner amaramente delusi come successe a chi pensava di arruolare alle propria causa, inevitabilmente temporale, Pio IX. Il papa non è un monarca assoluto che può disfare a suo arbitrio l’edificio ecclesiastico: “al Papa è consegnato il depositum fidei, la verità rivelata e sempre professata, affinché la custodisca e la difenda”.
I laicisti con Francesco faranno la fine di quei loro predecessori che acclamavano Pio IX per usarlo politicamente contro l’Austria e indurlo a fare la guerra: appena si accorsero che il Papa non si faceva «usare», lo trasformarono nel loro peggior nemico. Per questo il grande e saggio don Bosco insegnava ai suoi ragazzi a gridare non «Viva Pio IX», come facevanocerti laici, ma «Viva il Papa». (Antonio Socci, Libero)