ROMA – Papa Francesco. Preti risposati, comunione divorziati: Don Cereti è il suo teologo. Il fine e discreto teologo Don Giovanni Cereti si conferma come uno dei pensatori della Chiesa più ascoltati da Papa Francesco. Prima le aperture sul ripristino del sacramento della Comunione ai credenti divorziati risposati, quindi, ieri, la riammissione al ministero ecclesiastico dei sacerdoti che per convenzione chiamiamo “spretati”: il pontefice, sollecitato proprio da don Cereti, durante un incontro con i sacerdoti romani, ha esplicitamente dichiarato che “il problema dei preti sposati è presente nella mia agenda”.
Don Cereti, di cui Blitzquotidiano ha fornito un esauriente ritratto, intervistato dal Corriere della Sera, ribadisce le sue posizioni sui preti sposati (“Vanno riammessi”), è lo stesso teologo che da almeno 40 anni si impegna a ridiscutere l’ostracismo della Chiesa nei confronti dei divorziati risposati, fornendo fra l’altro le fonti storiche e di diritto canonico utilizzate da Papa Francesco per la sua famosa apertura all’ultimo Sinodo.
Il libro che ha tolto il sonno a Francesco è intitolato “Divorzio, nuove nozze e penitenza nella chiesa primitiva” e lo ha scritto quel sacerdote riservato, ma determinato che da trent’anni si batte per dare la comunione ai divorziati e spiegare perché la dottrina cattolica consente di farlo. E ha scoperto, quel sacerdote, che nella Chiesa Primitiva, quella che i teologi raffinati chiamano la Grande Chiesa, quella dei primi secoli del primo millennio, il concetto di peccato era diverso e il perdono connesso a alcuni dei peccati suscitava una capacità di rimessione diversa, più ampia forse, ma anche più profonda. (Franco Manzitti, Blitzquotidiano)
Nell’intervista a Fabrizio Caccia del Corriere della Sera, Cereti smonta il tabù del celibato contrapponendolo alla sacralità del matrimonio, vero “atto di testimonianza cristiana” da opporre ai tanti cristiani “celibi per egoismo”. Senza rinunciare a un sano pragmatismo che non impedisce di vedere la crisi di vocazioni che mina la Chiesa latina. Come sui divorziati risposati, anche sui sacerdoti con famiglia, Francesco raccoglie l’invito al coraggio di non soprassedere.
Il rettore spiega l’urgenza della sfida col fatto che «la Chiesa latina oggi è in difficoltà, c’è la crisi delle vocazioni e può capitare che un prete debba coprire anche 7-8 parrocchie da solo. La scristianizzazione, la secolarizzazione, sono legate proprio alla carenza di sacerdoti, non ce n’è abbastanza per seguire le persone… Possibile che il Papa vada in Parlamento (lo fece Wojtyla nel 2002, ndr ) a chiedere l’amnistia e l’indulto per i detenuti, eppure ancora oggi la Chiesa non sia capace di dare un indulto, di dare l’indulgenza cioè, ai suoi preti sposati, concedendo loro di riprendere il ministero?».
Qui non è un problema di uniformarsi — aggiunge don Cereti — ai cristiani ortodossi e alle Chiese orientali, dove i preti sposati possono celebrare la Messa e consacrare l’Eucaristia. Sembra piuttosto questione di sopravvivenza: «Anche il valore del celibato, oggi, con in giro tanti celibi per egoismo, andrebbe forse rivisto in favore del matrimonio come testimonianza di fede». Papa Francesco, ieri, ha detto pure che il 10 febbraio, a Santa Marta, ha festeggiato il 50° anniversario di sacerdozio di 7 preti che hanno concelebrato con lui. E alla messa — ha svelato — erano presenti anche 5 preti sposati. Forse, un orizzonte che si apre: «Io sono fiducioso — conclude don Giovanni —.
Perché sento che il Papa vuole realizzare quella riforma della Chiesa decisa dal Concilio Vaticano II e applicata finora solo parzialmente. Perciò continuerò a battermi anche per l’ordinazione al presbiterato (non solo al diaconato) dei laici sposati e per l’assoluzione dei divorziati risposati. Sapete, io ho 82 anni e a sposarmi, in verità, rinunciai ben 55 anni fa. Presi la decisione serenamente insieme con un’altra persona, ora consacrata nel mondo. E sto bene così». (Fabrizio Caccia, Corriere della Sera)