Salesiani: persa la causa per l’eredità

Salesiani, giudice: “No raggiro, Fondazione Gerini paghi”. Sequestro operativo? (Foto LaPresse)

ROMA – I Salesiani perdono la causa sull’eredità alla Fondazione Gerini e ora rischiano che il sequestro cautelativo di beni per 130 milioni di euro diventi operativo. Secondo il giudice di Roma Adele Rando non c’è stata truffa e tutte le accuse nei confronti dei mediatori Carlo Moisè Silvera e Renato Zanfagna sono state archiviate. A Rivera spettano ora 100 milioni di euro per il suo ruolo di negoziatore.

La lettera del segretario di Stato del Vaticano, Tarcisio Bertone, depositata agli atti del tribunale il 24 settembre non ha dato l’esito sperato. Bertone aveva scritto: “Ho dato il consenso alla soluzione negoziale, ma ho scoperto solo dopo il modo fraudolento di comportarsi verso il sottoscritto”.

Tutti inizia nel 1990, con la morte di Michele Gerini che lascia i suoi avere alla Fondazione Gerini. L’eredità viene però impugnata dai nipoti del benefattore e nel 2007 nella vicenda compare la figura di Silvera come rappresentante degli eredi. Silvera propone un accordo a don Giovanni Battista Mazzali ed è così che entra in scena l’avvocato Renato Zanfagna. 

Il Corriere della Sera fa la stima dell’eredità e delle suddivisioni tra nipoti e salesiani:

“Il patrimonio viene stimato in 658 milioni, dunque Silvera fissa il suo prezzo a 99 milioni. Don Mazzali accetta, confortato dal parere di Bertone che caldeggia la chiusura di ogni controversia. L’8 giugno 2007 arriva la firma, la questione sembra conclusa. E invece la Congregazione rifiuta di pagare la cifra pattuita, Silvera fa ricorso al tribunale di Milano e ottiene il sequestro dei beni dei Salesiani per 130 milioni di euro. Una decisione clamorosa: per la prima volta vengono messi i sigilli a beni ecclesiastici come la sede della direzione generale di Roma e il fondo Polaris aperto in Lussemburgo”.

Poi scatta la denuncia nei confronti dei mediatori da parte di don Mazzali, che accusa Silvera e Zanfagna di truffa davanti alla Procura di Roma: “Mi hanno truffato, l’accordo non è valido”. Tesi sposata anche dal cardinale Bertone nella lettera depositata agli atti.

Ma il giudice Rando conferma la tesi del pubblico ministero, affermando che non vi è stato raggiro:

“Emerge una gestione concordata degli interessi in campo, alla quale si perviene dopo una transazione voluta dalle parti, certamente in grado di valutare gli operatori cui si affidavano e la portata nonché la convenienza dell’accordo”.

L’avvocato Zanfagna ha dichiarato, riporta il Corriere:

“Da uomo di giustizia ho atteso con serenità la decisione della magistratura che, riconoscendo l’infondatezza della notizia di reato, ha conseguentemente accertato la linearità, professionalità, deontologia e correttezza con cui ho svolto tutti gli incarichi ricevuti. A fronte di vertenze civili in corso da 22 anni, al giudice penale sono bastati pochi mesi per rendersi conto dell’infondatezza delle affermazioni dell’Ente Ecclesiastico. Agli stessi organi di Giustizia rimetterò la tutela del mio nome e dei miei diritti, violati con tanta leggerezza e superficialità”.

 

I commenti sono chiusi.

Gestione cookie