CITTA’ DEL VATICANO – Accusato di aver violentato bambini quando era nunzio apostolico a Santo Domingo, Jozef Wesolowski è stato visto girare tranquillamente all’interno della Città del Vaticano. Wesolowski dal 23 settembre scorso è agli arresti domiciliari in Vaticano nell’ambito di un procedimento per abusi sessuali sui minori ma da sabato è stato visto nuovamente circolare, in apparente libertà, nella Città Leonina.
Più persone lo hanno incontrato con una certa sorpresa, non essendo stato comunicato alcun provvedimento sulla cessazione o la conversione della misura restrittiva a suo carico. Interpellate sull’argomento, le fonti ufficiali vaticane non hanno voluto finora precisare se Wesolowski sia tornato in libertà, quanto meno vigilata, per la scadenza dei termini di custodia o per un nuovo provvedimento emesso dal magistrato.
L’ex arcivescovo, ridotto allo stato laicale dall’ex Sant’Uffizio, continuerebbe comunque a risiedere nel Collegio dei Penitenzieri, la struttura all’ultimo piano del palazzo del Tribunale dove era stato messo agli arresti domiciliari. Wesolowski, oltre che del secondo grado del processo canonico, è in attesa del processo penale in Vaticano nel quale è accusato di abusi sessuali su diversi minori a Santo Domingo e di detenzione di un ingente materiale pedopornografico.
Era stato papa Francesco a volere l’arresto, poi sfociato nei domiciliari. Una mossa esemplare ma che ha evitato, di fatto, che l’arcivescovo polacco potesse avere un trattamento ben più duro se processato dalle autorità dominicane o da quelle polacche. Come spiega Antonio Buttazzo su Blitzquotidiano:
Tuttavia, a ben vedere, dal punto di vista giuridico, la misura cautelare applicata al monsignore ed il conseguente esercizio della Giurisdizione Vaticana su fatti commessi all’estero da un proprio cittadino, si risolve de facto con la negazione della giurisdizione di almeno altri 2 Stati che in base al loro diritto interno avevano la potestà di punire quel reato e cioè Santo Domingo e Polonia. I primi si sono dovuti arrendere di fronte alla immunità diplomatica di cui godeva il vescovo, i polacchi invece che pure potevano perseguire il reato commesso dal loro cittadino all’estero (l’alto prelato gode di doppia cittadinanza), hanno preferito non forzare la mano al Vaticano limitandosi a chiedere informazioni non vincolanti per lo Stato di Città del Vaticano.
A seguito del processo canonico, diverso da quello penale, monsignor Wesolowski è stato condannato, seppure solo in primo grado, alla riduzione allo stato laicale. Ne consegue la perdita della immunità diplomatica ed anche il rischio di perdita della cittadinanza vaticana, cosa che evidentemente lo esporrebbe ad una richiesta di estradizione dall’esito a questo punto, molto probabilmente, favorevole allo Stato richiedente. Insomma, se l’ex Nunzio apostolico non fosse ora detenuto ai domiciliari in una residenza vaticana in attesa di giudizio, ci sarebbero buone possibilità che il processo finisca con l’attenderlo in qualche meno confortevole galera dei Caraibi o in quelle gelide della Polonia , e ciò non appena il giudizio canonico che ha statuito sulla perdita dello status precedente diviene definitivo.
In conclusione, ad una futura richiesta di estradizione verso Santo Domingo o Polonia, non sarebbero pochi gli argomenti spendibili ,dallo stato estradante o dal condannato, per opporsi alla consegna. Ed allora ci chiediamo, non è che qualche tempo in un residence con vista sugli spettacolari giardini del Vaticano servono ad evitare una lunga permanenza ai Caraibi ma ben lontani dalle sue spiagge bianche e dal suo mare cristallino?
I commenti sono chiusi.