ROMA – Dalla Città del Vaticano “non si esclude” il coinvolgimento di un alto prelato, di un cardinale nell‘inchiesta sulla fuga di notizie. Nel linguaggio felpato della diplomazia è una mezza conferma. Mentre l’unico arrestato, il maggiordomo Paolo Gabriele, è sempre rinchiuso in camera di sicurezza, filtra l’intenzione che cominci a collaborare, a fare qualche nome. Tuttavia, proprio il clamoroso arresto di Gabriel, fa ritenere che il quadro generale sia già definito. Di arresti se ne attendono altri, di “corvi” ce ne sarebbe addirittura uno stormo. D’altra parte la Commissione cardinalizia guidata dal porporato dell’Opus Dei Juliàn Herranz, istituita un mese fa proprio per arginare i disastri prodotti dalle “gole profonde” ed assicurarle alla giustizia vaticana, ha pieni poteri e riferisce direttamente al Papa che l’ha voluta. Significa che scavalca e surroga le normali competenza penali e amministrative della Santa Sede, disciplinate sul modello italiano ma con la possibilità di atti di imperio del pontefice.
Per ora Gabriele è in carcere soltanto con l’accusa di furto aggravato. Le quattro casse di documenti riservati trovati nella sua camera potrebbe averli trafugati o ricevuti: il materiale di ripresa fotografica e video sembrano invece la normale dotazione per un hobby familiare e privo di collegamento con l’inchiesta. Quindi, al momento, l’indiscrezione più rilevante riguarda il possibile coinvolgimento di un cardinale italiano: elemento che rafforza l’ipotesi di una guerra intestina per il potere in Curia “domestica” nazionale. Il numero dei “corvi”, inoltre, cresce all’infinito: ne parla uno di loro in forma ovviamente anonima con il quotidiano “La Stampa”, ma già nell’inchiesta/scoop di Gianluigi Nuzzi la fonte “Maria”, ne citava una ventina. Mobilitati, secondo queste voci, per difendere l’operato del Papa, succube, o comunque non in grado di arginare lo strapotere accumulato dal Segretario di Stato Tarcisio Bertone.
Difendere il Pontefice innescando uno scandalo di queste dimensioni sembra oltremodo autolesionista, ma confermerebbe in parte la “Babele” descritta da Benedetto XVI durante l’omelia del giorno di Pentecoste. Un po’ della grazia dello Spirito Santo che si festeggiava ieri servirebbe alla Chiesa di questi giorni, alle prese con un terremoto le cui conseguenze ne muteranno il volto, sempre tenendo presente resistenza e impermeabilità millenarie del centro della spiritualità cattolica. Tuttavia, il colpo all’immagine è rovinoso: mettiamoci pure la cacciata di Gotti Tedeschi dalla banca del Papa, lo Ior. E i fischi alla fine dell’omelia papale del vociante e numeroso gruppo in sostegno di Emanuela Orlandi, un caso ancora oggi all’attenzione della cronaca con i suoi risvolti inquietanti con l’onnipresente Ior, la banda della Magliana, Alì Agca… Tutte insieme, anche le più fantasiose e inverosimili delle congetture, rischiano di trovare terreno fertile per discreditare santa madre Chiesa: l’operazione di pulizia non è conclusa, altri giorni di passione attendono la Curia.