”La Grande Recessione spingerà sicuramente il tasso di povertà ai più alti livelli da 50 anni, e questo significa che è giunto il momento di un nuovo attacco all’indigenza analogo a quello lanciato negli anni sessanta dai presidenti John Kennedy e Lyndon Johnson”.
E’ questo l’allarme lanciato dall’economista Elise Gould, dell’Economic Policy Institute, di fronte al diffondersi della povertà negli Stati Uniti.
I dati del censimento per il 2009 – il primo anno sconvolto dalla recessione all’inizio della presidenza democratica – saranno rilasciati in settimana, e i demografi si aspettano dati scoraggianti.
Arrivano in un già pessimo momento per il partito democratico di Barack Obama, con la popolarità del presidente in discesa ed appena sette settimane prima delle critiche elezioni di medio-termine in cui i repubblicani potrebbero riprendersi la maggioranza al Congresso.
Secondo le anticipazioni che circolano a Washington il tasso di povertà sarà circa del 15 per cento, di contro al 13,2 per cento del 2008. Un altro colpo per i democratici che stanno cercando di convincere gli elettori di mantenerli al potere.
Se queste stime fossero vere, i poveri negli Stati Uniti sarebbero 45 milioni, ovvero uno ogni 7 persone. Sarebbe l’aumento più sostenuto in un singolo anno da quando il governo ha cominciato a misurare il tasso di povertà nel 1959.
Tra la popolazione compresa tra i 18 e i 64 anni, demografi si aspettano un aumento di oltre il 12,4 per cento, di contro all’11, 7 per cento dell’anno scorso. Sarebbe il numero di disoccupati più alto da quando nel 1965 un altro presidente democratico, Lyndon Johnson, lanciò la guerra alla povertà.
La povertà dei bambini è aumentata dal 19 al 20 per cento e particolarmente colpiti risulteranno, quando i dati saranno disponibili, i neri e i latinos.
Le aree metropolitane più colpite dallaumento della povertà sono Modesto, California; Detroit, Michigan; Fort Myers, Florida; Los Angeles e La Vegas.