ROMA – La Bce sta prestando a destra e a sinistra qualsiasi cifra, ha iniettato un fiume di liquidità sul mercato, ma per mancanza di fiducia le banche non riescono ad accedervi. Sul sistema bancario europeo sono piovuti 490 miliardi di euro, tanti soldi, forse troppi, qualche analista stima un surplus di 200 miliardi. Surplus? E allora com’è che il colosso bancario-assicurativo Dexia sta fallendo per l’impossibilità di reperire finanziamenti a breve e tutti i grossi istituti continentali condivindono lo stesso problema di funding?
Spiega Morya Longo sul Sole 24 Ore, “è come se qualcuno faticasse a bere, pur trovandosi in un lago pieno d’acqua”: questo è il paradosso attuale del sistema bancario, il cui indice è crollato in Borsa del 34% da luglio. La paura che i pozzi siano avvelenati colpisce tutti gli investitori, che non si fidano gli uni degli altri. A questo si aggiunga la scarsità incipiente di titoli utilizzabili come garanzia per accedere ai prestiti della Banca Centrale Europea. Che a questo punto diventa un bancomat fuori servizio.
Per una “società liquida”, secondo la celebre definizione di Zygmunt Bauman, il colmo è restare a secco: tutti i canali di approvvigionamento sembrano inariditi. L’emissione di bond da parte delle banche sono ammontate a soli 59 miliardi di dollari, ben il 72% in meno rispetto allo stesso periodo del 2010. Il mercato dei finanziamenti a breve scadenza in dollari è crollato: i grandi gruppi di investimento americani, gli hedge fund, stringono i cordoni della borsa, mettendo in difficoltà le grandi banche d’affari, come Morgan Stanley, che in un anno ha visto dimezzare il suo titolo. Risultato gli istituti europei nell’ultimo anno non hanno potuto contare su 700 miliardi complessivi di finanziamenti a breve termine, secondo una stima di JP Morgan. Il taglio di rating dell’Italia ha trascinato con sé anche la revisione al ribasso per alcuni grandi istituti: un attimo dopo i fondi americani hanno chiuso i rubinetti, creando non pochi problemi a Intesa Sanpaolo, per citare uno degli istituti bancari più grandi. Anche Unicredit, che tradizionalmente ricorre alla Germania per le necessità del gruppo, ha avuto qualche noia dall’autorità di vigilanza tedesca.
Del sistema interbancario bloccato si è detto, chi ha della liquidità preferisce parcheggiarla alla Bce: basti considerare che proprio ieri i depositi hanno raggiunto la cifra record di 209 miliardi. Un canale non ancora prosciugato riguarda i depositi della clientela. Un segnale importante proviene dalle cosiddette “aste romane” (aste per la gestione della liquidità degli enti previdenziali): improvvisamente, da metà settembre, sono affollatissime. Le grandi banche fanno a gara nell’offrire rendimenti sempre più elevati per aggiudicarsi la gestione a breve dei contributi previdenziali degli iscritti. Va a finire che più della Bce, più degli speculatori americani, saremo noi normali contribuenti a dar da bere alle assetate banche italiane.
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