Mercoledì verità sulle banche: affondano o rilanciano l’economia?

Lapresse

Sarà il “Super-Wednesday” dello spread, il 29 febbraio: una cascata di soldi in arrivo dalla Bce per alimentare i fiumi del credito andati in secca in tutta l’Eurozona. Un appuntamento solo in apparenza riservato agli addetti ai lavori. In realtà, se la domanda delle banche sarà alta, l’ondata di prestiti a tre anni al tasso dell’1 per cento potrebbe avere effetti positivi anche sui tassi del vostro mutuo per la casa o sul prestito che stavate chiedendo da tempo. Perché l’esito di questa iniezione di liquidità si ripercuote inevitabilmente non solo sull’andamento di BoT, BTp, azioni e valute, ma anche su livello degli indici Euribor (i più utilizzati per i mutui a tasso variabile, con il tasso a 3 mesi oggi sceso sotto la soglia dell’1%).

Abbiamo vissuto questi mesi sull’orlo del credit crunch, la crisi del credito: gli Stati hanno fatto fatica a finanziarsi, emettendo titoli di Stato a tassi d’interesse sempre più alti; le banche centrali, a corto di liquidità, hanno prestato soldi col contagocce alle banche private; le banche private hanno ridotto al minimo i prestiti alle imprese e ai privati; di conseguenza le imprese molto spesso non sono riuscite a pagare i fornitori né a fare gli investimenti necessari a crescere; i privati hanno rinunciato all’idea di comprare casa con conseguenti ripercussioni sul mercato immobiliare. Questo per dare l’idea che la crisi del credito riguarda tutti e non solo pochi tecnocrati fra Bruxelles e Francoforte.

Se ne siamo fuori o se richiamo di riprecipitarci molto dipende dall’esito dell’operazione Ltro (Long term refinancing operation). E l’esito è tutto nella domanda. A dicembre le richieste delle banche europee sono state pari a 489,1 miliardi. Per la nuova maxi-asta di fine febbraio gli analisti hanno fissato la soglia critica tra i 400 e i 600 miliardi. Sotto i 400 miliardi sarà stato un flop, sopra i 600 un successo.

In ballo ci sono 100 punti di spread, come scrive Vito Lops sul Sole 24 Ore:

Nell’uno e nell’altro caso quale potrebbe essere l’effetto sullo spread? Alessandro Frigerio, analista di RmJ Sgr p,recisa che «ci potrebbe essere una potenziale ricaduta di 100 punti base. Ma occorre guardare non solo lo spread a 10 anni, ma anche la curva breve dei rendimenti che è quella che fa più paura». Quindi l’andamento del prestito della Bce può impattare, nel bene e nel male, sia sull’andamento dei BTp con scadenze superiori a 3 anni (parte medio-lunga della curva) ma soprattutto su quello di BoT e BTp con scadenze fino a tre anni (dato che il prestito della Bce ha durato triennale). In sostanza, in caso di domanda inferiore alle attese c’è il rischio che torni l’avversione al rischio sui mercati finanziari. Di conseguenza lo spread fra i titoli italiani e quelli tedeschi potrebbe risalire, conseguenza di un aumento delle vendite sui titoli italiani (quindi prezzi in calo e rendimenti in rialzo). Gli analisti, sempre in caso di domanda sotto le attese, prevedono anche che potrebbero essere penalizzati i titoli azionari delle banche, protagonisti da gennaio di forti recuperi, anche in previsione di un esito favorevole del nuovo prestito orchestrato dall’istituto guidato da Draghi.

Secondo gli analisti di Credit Suisse “x” è compreso tra i 350 e i 450 miliardi di euro e la media delle aspettative del mercato è 470 miliardi di euro. E’ la cifra che dà anche Bloomberg. Mentre Royal Bank of Scotland si aspetta complessivamente una domanda tra i 400-500 miliardi euro con nuova liquidità tra i 275 e 375 miliardi euro. Più ottimisti quelli del Financial Times, che nei giorni scorsi ha ipotizzato addirittura richieste fino a 1.000 miliardi di euro, così come gli analisti di Goldman Sachs (680 miliardi).

Intanto ci s’interroga sull’eventualità di un nuovo prestito “Ltro” dopo quello del 29 febbraio, ipotesi che vede divisi i banchieri di Francoforte. La pioggia di liquidità di dicembre ha fatto guadagnare tempo alle banche, permettendo loro di rifinanziare i bond in scadenza e anticipare le loro necessità di finanziamento per il 2012. ”Abbiamo evitato un credit crunch ancora più grande” di quello verificato, aveva spiegato Draghi nella sua intervista al Wall Street Journal.

Quindi ci sarà una nuova operazione simile oppure il contributo della Bce, pur senza precedenti, si esaurisce qui? Draghi non si è sbilanciato: ”Non rispondo mai a queste domande. Non ci impegniamo mai a priori”. Ma il lavorio fra i banchieri di Francoforte è già intenso, fra chi preme per ulteriori prestiti “Ltro” e chi, invece, frena e vorrebbe che la Bce facesse subito rientrare le misure anti-crisi. Ewald Nowotny, il consigliere Bce austriaco, ha chiuso la porta a nuovi “Ltro”: “Non serviranno ulteriori aste straordinarie”, ha detto.

Non la pensano come lui altri consiglieri più “colombe”, che vogliono andarci con i piedi di piombo prima di dire che l’emergenza (anche del settore bancario, che continua a prestare poco a famiglie e imprese) è finita. Benoit Coeuré, il consigliere esecutivo Bce di fresca nomina che ha rimpiazzato Lorenzo Bini Smaghi, parla di una ripresa ”molto graduale” nel 2012 anche se frena sull’ipotesi di portare verso lo 0%, dall’attuale 1%, i tassi d’interesse.

Erkki Liikanen, consigliere Bce finlandese, punta invece su un ulteriore calo dei tassi: la Bce ”non ha mai detto che c’è una soglia minimi” al costo del denaro. E Draghi ha fatto un’insolita apertura da colomba: ”Non ci sono segni di tendenze inflattive nell’area euro, piuttosto il contrario”. Parole che aprono i giochi a un taglio dei tassi a un nuovo minimo record, forse già al consiglio Bce del 7 marzo. Ma prima è importante un esito positivo dell’asta del 29 febbraio.

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