MILANO – La Borsa di Milano ha perso 23,4 miliardi di euro in una giornata nera per la piazza milanese, trascinata al ribasso dalle sofferenze del sistema bancario italiano e dalla tendenza negativa di tutti i listini mondiali. E se ieri (10 febbraio) Piazza Affari era stata la migliore d’Europa, oggi è stata la peggiore, con l’indice Ftse Mib in calo del 5,63% a 15.773 punti ed il Ftse All Share, relativo all’intero listino azionario milanese, del 5,17% a 17.273 punti. Dall’inizio dell’anno la Borsa di Milano ha perso il 25%, pari a un quarto del valore delle azioni contrattate.
In calo netto tutte le altre Borse europee. E Wall Street segue il trend negativo generale con il Dow Jones che perde il 2,34% a 15.541,98 punti, il Nasdaq cede l’1,55% a 4.216,79 punti mentre lo S&P 500 lascia sul terreno l’1,85% a 1.817,51 punti. Vito Lops sul Sole 24 Ore traccia un quadro generale tutt’altro che confortante:
Intanto la Federal Reserve «tiene in considerazione le evoluzioni della situazione internazionale» nel prendere le proprie decisioni sui tassi di interesse e, in questo senso, tiene aperte tutte le opzioni, compresa quella del ricorso a tassi negativi. «Non escluderei la possibilità di tassi negativi», ha detto il presidente della Banca centrale americana Janet Yellen durante la testimonianza semestrale davanti alla commissione Finanza del Senato.
[…] Mentre il petrolio Wti viaggia a 26 dollari al barile (sesta seduta consecutiva al ribasso) vengono infatti anche oggi acquistati beni rifugio. L’oro si porta infatti a 1.242 dollari l’oncia, tornano ai livelli dello scorso febbraio. Da inizio anno il metallo giallo sale del 14% nonostante vi siano peggioramenti sulle prospettive di inflazione.
Forti acquisti anche sull’altro bene rifugio, il Bund tedesco a 10 anni, il cui rendimento è scivolato allo 0,16%, e si avvicina ai livelli dello scorso aprile (0,07%). C’è però una forte differenza rispetto alla scorsa primavera: allora i titoli tedeschi erano comprati per effetto del lancio del quantitative easing della Bce. Oggi invece vengono acquistati perché sui mercati è accesa la spia dell’avversione al rischio. A differenza di un anno fa, infatti, il mercato vende i titoli della periferia (BTp compresi) ma con un effetto molto contenuto dato che la coperta offerta dai contro-acquisti della Bce scoraggia tentativi speculativi in proposito. Questo spiega anche perché il rendimento del BTp è solo in lieve rialzo in area 1,7%. E spiega perché lo spread BTp-Bund si è portato a quota 160, quindi non tanto per le vendite sul BTp ma soprattutto per i forti acquisti sul Bund rifugio (rendimento dei bond dell’Eurozona).
Sul versante valutario vola l’euro supera 1,13 dollari. A far scattare le vendite sul dollaro sono state le dichiarazioni di ieri del governatore della Federal Reserve, Janet Yellen, che ha addirittura aperto all’ipotesi «se necessario» di un taglio dei tassi negli Usa. Per quanto improbabile al momento sarebbe una clamorosa marcia indietro rispetto al piano di rialzi graduali annunciato a dicembre.
Dal mercato valutario arriva un altro segnale, non incoraggiante. Il dollaro/yen è sceso sotto 116 punti, soglia che teneva dal novembre 2014. Secondo l’approccio intermarket, basato sulle correlazioni nei mercati finanziari, è un segnale di potenziamento dell’avversione al rischio.
Del resto, il sentiment di avversione al rischio è globale. L’indice di Hong Kong, l’Hang Seng, ha ceduto il 3,85%. Per le azioni sulla piazza di Hong Kong è la peggiore caduta nella seduta del nuovo anno lunare dal 1994. Mentre restano chiuse le Borse di Tokyo e Shanghai.