ROMA – La Francia dice addio alla tripla A: Standard & Poor’s taglia il suo rating ad AA+. Per l’Italia il downgrade è anche peggiore: lo conferma arriva alle 22:30, Standard&Poor’s ci toglie l’ultima “A” rimasta e ci manda in serie B. Rating a BBB+, declassamento di due gradini.
Si salva la Germania, ma la scure di Standard & Poor’s riguarda 9 paesi sui 16 in osservazione. Perde la tripla A anche l’Austria, mentre perdono due gradini anche la Spagna (che passa ad A), il Portogallo e Cipro. Di un gradino, invece, scendono Malta, Slovacchia e Slovenia. Sulle prospettive, il cosiddetto “outlook”, la situazione è persino peggiore: sono negative per tutti gli stati osservati tranne due.
La Grecia era stata messa già fuori, e prima ancora che tutto diventasse ufficiale, nell’effetto domino crollano tutte le principali Borse europee.
Oggi, insomma, sono tornati i piromani del debito. E pensare che nel mirino di S&P ci sono altri Paesi Ue, salvati poi all’ultimo. In particolar modo la Germania, salvata in extremis, come ad evitare un incendio di maggiori proporzioni. Alle Borse, come sempre succede, sono bastate le voci: Milano precipita e perde il 2,3%, Parigi è in calo dell’1,5%. Sospensioni in asta di volatilità per Mps (in calo teorico del 5,8%), Exor (-3,8%), Finmeccanica (-3,5%), Banco popolare e Ubi. Sempre molto forte Premafin (+17%).
Rimane un fatto, se tre indizi fanno una prova, allora i piromani del debito sono proprio le agenzie di rating. Succede per tre volte in un anno e succede con una regolarità che è oggettivamente faticoso pensare come frutto del caso. Succede la prima volta a inizio 2011, e poi si ripete alla fine con il dowgrade di Moody’s. Ogni volta che il mercato dà qualche timido segnale di ripresa le agenzie di rating tagliano preventivamente le ali. Oggi è la volta di queste voci sul taglio del rating francese. E le Borse, dopo due giorni positivi, hanno immediatamente invertito la rotta.
Fino al primo pomeriggio i mercati avevano beneficiato anche del positivo esito dell’asta dei Btp triennali i cui rendimenti sono scesi al 4,83% dal 5,62% di fine dicembre. Una schiarita che segue quella già vista sui Bot a breve giovedì, con i rendimenti quasi dimezzati. Con il diffondersi dell’allarme rating lo spread tra Bund e Btp è risalito a quota 500. Tutto dissolto dalla scure di S&P. Che spiega in un breve comunicato le ragioni della sua bocciatura. Secondo l’agenzia le misure prese dall’Europa sono “insufficienti”. Sta di fatto che Angela Merkel, che a caldo si è astenuta dal commentare, dovrà probabilmente ammorbidire alcune sue posizione.
All’Italia S&P dedica una nota separata: ”Il taglio riflette quella che consideriamo una crescente vulnerabilita’ dell’Italia ai rischi di finanziamento esterni e le negative implicazioni che cio’ puo’ avere per la crescita economica e quindi per le finanze pubbliche”.
La bocciatura, in ogni caso, non è legata all’attuale governo. Secondo S&P, infatti, l’ambiente politico italiano e’ ”migliorato” sotto il Governo Monti e le riforme allo studio possono ”migliorare la competitivita’ italiana”. Tuttavia, ”ci aspettiamo che ci sia un’opposizione alle attuali ambiziose riforme del governo e questo aumenta l’incertezza sull’outlook di crescita e quindi sui conti pubblici”.
”I rating dell’Italia – spiega ancora l’Agenzia – sono appesantiti da un elevato debito pubblico e da deboli potenziali di crescita. Sono invece sostenuti da un’economica in salute e diversificata, dall’atteso surplus primario e da considerevoli risparmi del settore pubblico”.
Dura, a caldo, la reazione di Olli Rehn che parla di “decisione incosistente”. E come se non bastasse da Atene è arrivata la notizia dello stop al negoziato sul debito. L’Istituto di finanza internazionale (Iif), che ha avviato le trattative con Atene per conto delle banche, ha infatti annunciato di aver sospeso i negoziati perché i colloqui “non hanno portato a una risposta costruttiva” dalle parti. Per questo motivo, l’Iif ha deciso per una “pausa di riflessione”. Fonti vicine ad Atene, riporta ancora l’Agence France Presse parlano di “situazione molto grave” dopo l’interruzione delle trattative.