ROMA – Italia, disoccupazione raddoppiata rispetto al 2007. Per tornare a quei livelli di lavoro e di pressione fiscale non basteranno 14 anni. Lo dice l’istituto Prometeia nel rapporto di previsione sull’Italia al 2020.I dati sulla pressione fiscale sono invece della Cgia di Mestre
Disoccupazione
Nel 2007, spiega il rapporto, la disoccupazione viaggiava sul livello del 6%. Adesso siamo vicini al 12%, supererà questa soglia ”entro il 2014” e ”tornerà al 9% solo nel 2020”, comunque ai livelli di fine 2011.
Pil
”Il livello del Pil alla fine del 2020 sarà ancora inferiore ai valori pre-crisi (fine anni ’90) di circa il 2%”. Per l’istituto, tra il 2015 e il 2020 il tasso di crescita medio si collocherà stabilmente in territorio positivo (+1,1%) ma in linea con il 2000-2005. Non basteranno cioé 14 anni per recuperare i livelli di crescita perduti: il doppio di quanto, negli anni 90, impiegò la Finlandia, più del triplo di quanto impiegò la Svezia.
Industria
L’industria, a causa della recessione, “ridurrà in modo permanente l’occupazione a favore di un incremento di produttività”. E, di conseguenza, “l’input di lavoro complessivo non recupererà i livelli pre-crisi”, proprio soprattutto a causa del settore industriale. “Un sacrificio occupazionale che consentirà però alla produttività media, se non proprio di cancellare 15 anni di stagnazione, quantomeno di invertire la rotta”.
Pressione fiscale
Con una pressione tributaria, che e’ diversa da quella fiscale, al 30,2% l’Italia e’ al top in Europa ad esclusione dei paesi Scandinavi. A dirlo la Cgia di Mestre che ha elaborato i dati di Eurostat: ad esclusione di Danimarca (47,4%), Svezia (36,8%) e Finlandia (30,5%) – che hanno sempre avuto una pressione tributaria alta, ma con servizi pubblici e livelli di welfare non riscontrabili in quasi nessun altro Paese d’Europa – l’Italia e’ al quarto posto con una percentuale del 30,2: +1,3% sul 2011.
La pressione tributaria, sottolinea la Cgia, consente di misurare il carico fiscale ed e’ un rapporto dove al numeratore ci sono le imposte, le tasse e i tributi versati, mentre al denominatore c’e’ il Pil. Si distingue dalla pressione fiscale perche’ al numeratore non c’e’ il gettito contributivo che ormai attiene al criterio del beneficio legato al previsto ritorno in termini pensionistici.
Se il Regno Unito registra una pressione tributaria (28,6%) di 1,6 punti inferiore alla nostra, in Francia il carico tributario (27,9%) e’ minore di 2,3 punti ed in Germania (23,6%) addirittura di 6,6 punti. Rispetto alla media dell’Unione europea (26,5%), in Italia il peso delle tasse, delle imposte e dei tributi sul Pil e’ di 3,7 punti percentuali in piu’ e addirittura superiore di 4,5 punti della media dei Paesi dell’area dell’Euro (25,7%).
”Con un livello di tassazione del genere – osserva Giuseppe Bortolussi, segretario Cgia di Mestre – dovremmo ricevere una quantita’ di servizi con livelli di qualita’ non riscontrabili altrove. Invece, tolta qualche punta di eccellenza che registriamo in tutti i settori, la giustizia civile funziona poco e male, il deficit delle nostre infrastrutture materiali ed immateriali e’ spaventoso, in molte regioni del Sud la sanita’ e’ al collasso, senza contare che la nostra Pubblica amministrazione presenta ancora livelli di inefficienza non giustificabili”.
Ma, secondo Bortolussi, c’e’ un’altra cosa da sottolineare: ”Se in Italia le tasse continuano ad aumentare e negli ultimi due anni il debito pubblico sul Pil e’ passato dal 120 a quasi il 130% e dall’inizio della crisi i disoccupati sono aumentati di circa un milione e mezzo, forse c’e’ qualcosa che non va. Dobbiamo assolutamente invertire la rotta, alleggerendo il carico fiscale su cittadini ed imprese, condizione necessaria per far crescere la domanda interna e, molto probabilmente, anche l’occupazione”.