Sugli aiuti dell’Unione Europea alla Grecia è scontro tra Francia e Germania. Per questo dalla riunione di ieri tra i 16 Paesi dell’euro non è uscita nessuna soluzione sul meccanismo per garantire aiuti alla Grecia. Un accordo, forse, arriverà nella riunione prevista il 25-26 marzo ma non c’è da giurarci.
Le divisioni sono grandi e tra i Paesi dell’Eurogruppo c’è muro contro muro. Tra chi, come la Francia vuole impostare sostegni alla Grecia e chi, come la Germania, non solo non vuole aprire i cordoni della borsa ma vuole anche un inasprimento ulteriore delle regole della stabilità. Il ministro delle Finanze tedesco ha chiarito giù lunedì la linea: chi sgarra è fuori dall’Eurozona. Una condizione inaccettabile per quasi tutti gli altri Paesi.
Il dibattito sulla nuova facility ha fatto scintille perché si è inevitabilmente intersecato con la pretesa di Schäuble di approfittarne per irrigidire, nel medio-lungo termine, attraverso l’idea del Fondo monetario europeo, le regole del patto di stabilità con una serie di sanzioni punitive per chi non le rispettasse, fino alla sua espulsione dall’euro. Uno scenario appoggiato dall’Austria ma respinto con decisione come inaccettabile dalla Francia.
Non a caso il ministro delle Finanze di Parigi, Christine Lagarde, in un’intervista al Financial Times, ha aperto il fuoco sul modello tedesco di crescita e competitività, basato quasi tutto su export e controllo dei costi del lavoro e troppo poco sulla domanda interna. Una formula, ha detto, che non può fare scuola dovunque in Eurolandia. Un contrasto pesante sul quale barcolla l’intesa franco-tedesca e che, se esplodesse con troppa violenza, potrebbe davvero fare tremare l’euro.
La signora Lagarde ha messo il dito nella piaga, notando gli squilibri economici nella zona euro. La Germania ha un attivo delle partite correnti del 5% del prodotto interno lordo: esporta, ma non consuma, vende ma non acquista. Lo si vede, ad esempio dalle immatricolazioni di auto in Germania. Solo parlando di Fiat, a febbraio il mercato tedesco ha accusato un crollo delle immatricolazioni pari al 29,8% con il venir meno degli incentivi.
Ormai il suo export rappresenta il 48% del Pil, rispetto al 40% di dieci anni fa. Sul fronte opposto ci sono molti altri paesi della zona euro che soffrono spesso di un elevato deficit delle partite correnti. A giocare non è solo la debolezza dei consumi tedeschi, dovuta in parte all’invecchiamento della popolazione, ma anche le differenze di competitività tra i paesi dell’unione.
Le critiche francesi sono quelle di un paese che ha fatto meno bene della Germania. D’altro canto però è anche vero che i tedeschi sembrano coltivare nella zona euro un sentimento nazionalistico di autosufficienza, frustrante per i suoi partner.
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