Fiat investe un miliardo in Serbia, Marchionne: “Colpa dei sindacati poco seri”

Sergio Marchionne

La Fiat di Sergio Marchionne investe in Serbia. Ad annunciarlo è lo stesso amministratore delegato, che in un’intervista al quotidiano La Repubblica spiega i dettagli dell’investimento nella ex Jugoslavia e punta il dito contro i sindacati italiani.

A Belgrado la Fiat farà la L0, una monovolume destinata a sostituire sul mercato le attuali Musa, Idea e Multipla. Si tratta di un investimento da un miliardo di euro finanziato dalla Bei per 400 milioni,  dal  governo serbo per 250 e  per i rimanenti 350 dalla società torinese. C’è un dettaglio: al momento le tre monovolume sono fatte a Mirafiori e la domanda sorge spontanea: cosa succederà nello stabilimento torinse? Una domanda per cui Marchionne, una volta tanto, non ha la risposta pronta: “Faremo altro, ci stiamo pensando”.

Quindi l’ad di Fiat alimenta le polemiche coi sindacati: “Se non ci fosse stato il problema Pomigliano la L0 l’avremmo prodotta in Italia”.  Marchionne, insomma, non si accontenta di vincere, vuole stravincere ed evidentemente non ha ancora digerito il risultato, positivo ma sotto le attese, del referendum dei lavoratori della fabbrica napoletana sull’accordo con Fiat.  “Ci fosse stata serietà da parte del sindacato – spiega Marchionne – il riconoscimento dell’importanza del progetto, del lavoro che stiamo facendo e degli obiettivi da raggiungere con la certezza che abbiamo in Serbia la L0 l’avremmo prodotta a Mirafiori. Fiat non può assumere rischi non necessari in merito ai suoi progetti sugli impianti italiani: dobbiamo essere in grado di produrre macchine senza incorrere in interruzioni dell’attività”.

Il punto è che Marchionne ha in mente il modello statunitense di sindacato. Un modello con pregi e difetti ma che, al momento attuale, non appare esportabile: innanzitutto là il sindacato è unico. Quindi si occupa direttamente di far rispettare gli accordi nell’ambito di una contrattazione che è puramente aziendale.

Quanto Marchionne abbia in mente il modello Usa lo si capisce quando parla dei licenziamenti: “”Si è creata l’idea che io ce l’abbia con i dipendenti. Questo non è vero, la Fiat non è fatta solo da chi si oppone a Pomigliano. C’è l’appartenenza all’azienda che è importante. Basti guardare al rapporto che c’è qui a Detroit, nella casa Chrysler di cui oggi noi siamo ospiti”. Nonostante Pomigliano, insomma, Fiat e Italia, a sentire le parole di Marchionne, sembrano decisamente lontane.

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