ROMA – Nella delega fiscale in via di approvazione, nella parte che riguarda la riforma delle sanzioni amministrative tributarie, è stato inserito un codicillo che prevede, per i titolari di partita Iva, multe dal 10 al 50% sui prelievi al bancomat “ingiustificati”. Un po’ complicato ma potenzialmente micidiale è una piccola norma che nelle intenzioni servirebbe a stanare il nero.
Nicola Porro su Il Giornale ne individua il carattere da Grande Fratello e ne spiega i rischi. Ricordando che una norma del genere (“presunzione legale dei prelievi”) era già stata sanzionata dalla Corte Costituzionale che ne aveva rilevato l’illegittimità, prima di ritornare dalla finestra sotto altre vesti.
Per aggirare la sentenza non si parla più di presunzione legale sui prelievi, ma si tirano in ballo le sanzioni in caso di mancanza di giustificativo del beneficiario del prelievo stesso. In sostanza, in occasione di accertamenti bancari chi non indica (o indica in modo inesatto) il beneficiario dei prelievi si può beccare una sanzione che va dal 10 al 50 per cento dell’importo del prelievo.
Avete, un’altra volta, capito bene. Questi sono pazzi. Secondo loro dovremmo appuntarci, dopo ogni prelievo al bancomat, il registro delle spese di quei contanti. Ma fino a qui si tratta di una follia burocratica e dell’ennesima complicazione tributaria. In realtà, la storia è financo peggiore. Non bastano i nostri appuntini, è necessaria una prova. Ovviamente con data certa e rilievo fiscale, immaginiamo.
Anche se fossimo il ragionier Filini (quello di Fantozzi) non ci riusciremmo: gli scontrini non indicano il codice fiscale di chi le riceve. Insomma, non sono parlanti e, dunque, servono a nulla al riguardo. Il fisco inventa una norma, diabolica, e non fornisce il modo per rispettarla (fosse pure accettabile, cosa che non è): nessuna norma primaria o secondaria infatti impone in che maniera possa essere fornita l’indicazione dei beneficiari. Attenti, quindi, a dare mance. (Nicola Porro, Il Giornale).