MILANO – Mai scegliere un tribunale italiano per i contenziosi: è una regola che si sono dati gli americani di General Electric. Meglio Vienna che Milano: la giustizia italiana ha tempi troppo lunghi. Rita Querzè, per il Corriere della Sera, ha parlato con Michael McIlwrath, responsabile legale di GE:
“«Mi rendo conto, si tratta di una scelta che rischia di farci apparire arroganti. Ma come possiamo affidarci alla giustizia italiana? I tribunali qui fissano udienze al 2018, 2019. Non possiamo permettercelo». […] Quando in un contratto si tratta di fissare il foro competente in caso di controversie, GE non ha dubbi: meglio l’estero. E come lei fan tutte. Quella che per le multinazionali ieri era solo una scelta frequente, ora è diventata una prassi. Ottima Londra. Benissimo Ginevra. Ben venga Vienna. Per l’arbitrato sempre più aziende puntano sulla nuova piazza di Singapore. Le multinazionali tedesche accettano Parigi. L’importante è che il foro competente in caso di contenzioso non sia in Italia”.
Off the records, dietro garanzia di anonimato, chi rappresenta le multinazionali esprime giudizi ancora più impietosi sul nostro sistema giudiziario:
“«La vostra è una giustizia da terzo mondo. Già avete un fisco impossibile, una burocrazia che è un rompicapo. Se possiamo evitare i vostri tribunali, lo facciamo volentieri». Le implicazioni per le controparti sono pesanti. Spesso si tratta di piccole-medie imprese che non possono permettersi l’onere economico e burocratico di una difesa in un tribunale straniero. «Con la crisi sopravvive solo chi lavora con l’estero. Di conseguenza negli ultimi anni il problema è diventato più evidente – conferma Paolo Galassi, presidente di Confapi Industria –. Le grandi imprese italiane non esistono più. E le poche sopravvissute fanno esattamente come gli stranieri: quando si tratta di litigare, ci chiedono di andare all’estero».
La difficoltà nella gestione del contenzioso tra piccoli e grandi risulta più evidente anche per un altro motivo: le liti aumentano, in generale. «Tre gradi di giudizio, lustri che passano senza un esito definitivo. Il foro italiano è evitato dagli stranieri? Mi stupirei del contrario – taglia corto Maricla Pennesi, vice presidente del comitato politiche legali della Camera di commercio americana in Italia –. Molto più logico scegliere Londra, la Svizzera, Parigi o Vienna». Capita anche che due imprese vincolate da un contratto particolarmente delicato preferiscano un foro neutro di una nazionalità terza. «Non mi risulta che l’Italia venga mai scelta come foro terzo. Una cartina di tornasole della nostra debolezza – aggiunge Vittorio Noseda, partner dello studio NCTM di Milano –. E’ vero, appena possono gli stranieri optano per un giudice estero. Il nostro vero limite, più che l’affidabilità delle sentenze, sono i tempi della giustizia»”.