ROMA – Pubblichiamo un’intervista esclusiva all’ex ministro dell’Economia islandese Árni Páll Árnason, realizzata dall’economista e collaboratore di Blitzquotidiano.it Gustavo Piga. L’originale in inglese è sul blog gustavopiga.it. La conversazione con l’autorevole esponente del partito social-democratico, integrata da estratti di suoi discorsi pubblici, illustra la parabola di un paese che, dicendo no alle misure imposte dal Fmi, ha svalutato la moneta nazionale e, come certificato dall’Ocse, ha ripreso a crescere uscendo con le sue forze dalla bancarotta finanziaria.
“La crisi islandese ha avuto inizio ben prima del collasso mondiale del 2008” sostiene Árni Páll Árnason, all’epoca semplice parlamentare socialdemocratico. Solo nel 2009 venne nominato ministro degli Affari Sociali in seguito alle elezioni generali, dopo che a gran voce il popolo islandese aveva manifestato il suo scontento mandando a casa il governo conservatore ed eleggendo una coalizione di sinistra.
Da allora Árnason è diventato una figura molto popolare ed ascoltata, a settembre 2010 ha ricoperto il ruolo di ministro dell’Economia e in tale veste si è presentato davanti ai delegati e agli esperti del Fondo Monetario Internazionale spiegando perché l’Islanda aveva ragione, e tutti gli altri torto, sul modo di affrontare la tripla crisi, bancaria, economica e monetaria. Mi ha convinto, l’ho contattato via mail e 20 minuti dopo mi ha risposto di sì (20 anni basterebbero per un ministro dell’Economia italiano?).
Esperienza fondamentale è stata, da ministro degli Affari Sociali, dover fronteggiare questioni dure come gli inevitabili tagli e l’innalzamento della disoccupazione. “La crisi bancaria fu preceduta da una crisi monetaria. La Banca Centrale islandese alzò i tassi di interesse per contenere l’inflazione. Alti tassi di interesse in un’economia aperta hanno attratto la speculazione (carry-trade) e l’apprezzamento senza fine della corona ha incoraggiato indebitamenti insostenibili dal’estero. La corona ci ha costretto in una camicia di forza economica, ben prima degli eventi del 2008”.
“Alla mancanza di strumenti per difendere una piccola valuta si è sommata poi una crisi bancaria che, come nel resto del mondo, è scaturita da pratiche sconsiderate e da una sistematica sottovalutazione del rischio. Le tre maggiori banche nazionali (l’85% del mercato) venivano regolarmente gratificate con la tripla A dalle agenzie di rating, fino a quando alla fine del 2007 la situazione non iniziò a precipitare: l’accesso ai finanziamenti diventò costoso e difficile.”