Italiani sempre più poveri rispetto al resto d’Europa: nel 2014 il reddito procapite sarà infatti del 10% in meno rispetto alla media europea. Sono alcune delle riflessioni che emergono dal rapporto del Centro Studi per i 100 anni di Confindustria, che a Parma ha riunito oltre 5 mila imprenditori per il consueto appuntamento biennale. Secondo il rapporto, nel 2009 il Pil procapite risultava sotto del 5%. Una tendenza, avvertono da viale dell’Astronomia, che proseguirà nei prossimi anni. Per il direttore del Csc, Luca Paolazzi, il reddito procapite scenderà infatti di altri 5 punti con un gap di «dieci punti percentuali sotto la media europea». La perdita, rispetto alle altre nazioni europee, è cominciata negli anni ’90: «Fatta 100 la media europea, nel 90-91 il prodotto interno lordo italiano era 106. Nel 2000 siamo scesi a 95 e nel 2014 arriveremo a 90». In totale 11 punti in meno.
Dieci anni, dunque, di mancata crescita. E la colpa, per viale dell’Astronomia, è da rintracciarsi nell’immobilismo e delle mancate riforme che contraddistinguono il nostro Paese. L’Italia è un Paese bloccato, che non cresce. Con vincoli che tagliano le gambe alla libertà d’impresa e di conseguenza l’innovazione e il benessere. Colpa di una Pubblica amministrazione “ipertrofica” e di un fisco elevato che drena risorse.
Basta guardare le classifiche internazionali per rendercene conto: siamo il Paese meno libero d’Europa. Le nostre imprese hanno una libertà pari a 35, ben sotto la media europea, che è 57, e a distanza abissale rispetto alla liberissima ‘Irlanda, (74). Siamo ultimi, con 31, nella libertà dal fisco. Ancora ultimi, con 18, nella libertà dalla regolazione. E appena prima della Grecia nella libertà d’impresa. Dove facciamo meglio è nelle regole del mercato del lavoro, con 48 (ma sempre sotto la media europea).
Ma sempre sul versante lavoro non fanno ben sperare i dati presentati dall’Osservatorio cig del Dipartimento settori produttivi della Cgil nazionale sulla base degli ultimi dati diffusi dall’Inps. Un tasso di disoccupazione reale che supera l’11,5%. Oltre un milione e cinquecentomila lavoratori in cassa integrazione tra ordinaria e straordinaria, nel periodo gennaio-marzo 2010, “considerando un livello medio di ricorso alla cig, ovvero il 50% del tempo lavorabile globale; se invece si considerano “i lavoratori equivalenti a zero ore per tutto il periodo 2010 si determina un’assenza completa dall’attività produttiva per 629.619 lavoratori”. La Cgil ha evidenziato la crescita a marzo delle richieste di cassa integrazione del 106,8% rispetto a marzo 2009, pari a quasi 122,6 milioni di ore (122.599.702 ore). Mentre, sottolinea, da gennaio a marzo di quest’anno la cassa integrazione ha raggiunto 302.217.009 ore con un aumento sul 2009 del 133,88%.
Un’analisi sui “progressi fatti” per sottolineare “i progressi mancati”. Gli industriali, riuniti a Parma, tornano a chiedere con forza al governo di attuare le riforme. Il direttore del Centro studi di Confindustria ribadisce che con le riforme il Pil può crescere del 30% in venti anni: il 13% puntando su risorse umane e formazione, il 4% abbattendo gli ostacoli della burocrazia, ancora un 11% andando avanti con le liberalizzazioni. Secondo Paolazzi, anche la crescita degli anni ’70 e ’80 era drogata dalla svalutazione e dall’aumento del debito pubblico. «Bisogna voltare pagina, perché senza crescita non c’é benessere». Puntando su mercato, merito e legalità, come emerge dal sondaggio realizzato dalla Demos e Pi per il Centro studi di Confindustria.
Protagonisti italiani e internazionali sono intervenuti al convegno di Parma ad ascoltare i numeri che fotografano la situazione: da Joaquin Almunia, commissario europeo alla concorrenza, al presidente Bce, Jean Claude Trichet. E poi ancora i ministri dell’Economia e del Lavoro, Giulio Tremonti e Maurizio Sacconi, i leader sindacali di Cgil e Cisl, Guglielmo Epifani e Raffaele Bonanni, l’amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, quello di Intesa SanPaolo, Corrado Passera, e di Pirelli, Marco Tronchetti Provera. Fino agli ultimi due interventi del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e della presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia.