ROMA – Lavoro, Pd si spacca. Art. 18, Bersani: “Renzi surreale”. Orfini, “Cambi”. Il dissenso Pd sulla riforma del lavoro e sul contratto a tutele crescenti esce allo scoperto. La minoranza di sinistra (ma in aula conta su numeri più significativi), diciamo quella che si riconosce nell’ex segretario Pier Luigi Bersani, batte un colpo criticando merito (superamento articolo 18, no al reintegro) e metodo (la legge che delega il Governo a riordinare la materia e a riscrivere lo Statuto dei Lavoratori). Se Bersani ha sentito “intenzioni surreali sull’articolo 18” ricordando che la reintegra, ancorché non obbligatoria esiste in tutta Europa, il presidente Matteo Orfini lancia un tweet per criticare la riforma in corso d’opera.
“I titoli del job act sono condivisibili. Lo svolgimento meno: ne discuteremo in direzione, ma servono correzioni importanti al testo” ha scritto, facendo balenare venti di battaglia parlamentare. Orfini, ex leader di sinistra della corrente dei Giovani Turchi e già membro della segreteria Bersani, è stato eletto presidente del partito guidato da Renzi si presumeva proprio per anestetizzare i contrasti interni sulla scorta di un un accordo politico.
La cena con cui Massimo D’Alema ha riunito l’altro ieri gli spezzoni divisi della minoranza che contesta Renzi (a partire dalla gestione del partito) è un altro segnale che sulle politiche del lavoro il Pd arriva tutt’altro che compatto e allineato sulla linea del Governo. Renzi, da parte sua, aspetta che la delega giunga in porto dopo l’iter legislativo imposto. Non dovesse succedere farà un decreto legge: dopo, è la condizione-minaccia, ci sono solo le elezioni anticipate.
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