ROMA – La “lobby burocratica”: complicazione batte semplificazione 4 a 1. Ricordate il Ministero della Semplificazione? Semplificando, è finito travolto dal Ministero della Complicazione, virtuale ma ben più prolifico, che ha prodotto un numero quattro superiore di leggi in grado di ostacolare, rallentare, paralizzare. Sergio Rizzo sul Corriere della Sera dell’8 luglio) si occupa di redigere il bilancio di questo fallimento che, per le dimensioni assunte, non è certo colpa del solo Roberto Calderoli.
Un documento appena sfornato dall’ufficio studi della Confartigianato diretto da Enrico Quintavalle racconta che dal 2008 a oggi sono state approvate 491 norme tributarie, delle quali 288 hanno reso la vita più difficile alle imprese, contro le 67 che invece sulla carta le semplificavano. Bilancio: 4,3 complicazioni per ogni semplificazione. Lui, Calderoli, ci provò a fare una legge per stabilire che le leggi dovevano essere scritte in modo chiaro e comprensibile. Quell’obbligo esiste da quattro anni. Ma sfogliate una Gazzetta ufficiale , a caso, e controllate quante volte è stato rispettato. Praticamente mai.
Se per decidere come sostituire una vecchia centrale elettrica un paesino del parco del Pollino di duemila anime, spenta dal 1993, ci vogliono 12 anni, con chi dobbiamo prendercela? Rizzo suggerisce di guardare al vero potere, quello degli uffici, che montano e smontano, secondo una logica burocratica autoreferenziale, le leggi faticosamente partorite dal potere legislativo, il quale, a sua volta paralizzato, delega la burocrazia al governo del paese, una classe dirigente “irresponsabile”, come si dice, perché non eletta da nessuno.
Per avere norme semplici e comprensibili bisognerebbe forse cambiare chi le scrive. Che invece sono sempre gli stessi. Magistrati e altissimi burocrati detentori dei gangli del potere: capi di gabinetto e degli uffici legislativi, commissari straordinari, consiglieri di ministri e sottosegretari, ai vertici delle authority. Il fulcro della burocrazia. Tecnici e politici al tempo stesso, con entrature di peso nei partiti e nelle loro correnti. Anche loro una lobby, per dirla con Anna Maria Cancellieri?
E a proposito di lobby, cioè della pressione che nei corridoi (letteralmente) del potere viene esercitata dai gruppi di interesse organizzati, Rizzo fa l’esempio di una precisa opera di tutela di interessi corporativi.
Nella legge anticorruzione compare una pillola avvelenata: i magistrati non potranno restare fuori ruolo per più di 10 anni. Fine degli incarichi extragiudiziali a vita. Spunta però un comma previdenziale che esenta dal tetto i membri del governo. Ovvero, i consiglieri di Stato Antonio Catricalà e Filippo Patroni Griffi, allora rispettivamente sottosegretario alla presidenza e ministro della Funzione pubblica: nel successivo governo di Enrico Letta il primo è diventato viceministro dello Sviluppo e il secondo è andato al posto del primo. Non basta. Il decreto attuativo non è mai stato approvato, con il risultato che sugli altri incarichi degli altri magistrati decide sempre il relativo organo di autogoverno. Al Csm si è già stabilito che nei dieci anni non sono compresi i periodi di aspettativa.
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