ROMA – Mps, il governo pronto ad aumentare la propria quota, passando dal 4% al 7% e diventando così primo azionista dell’istituto senese. Aggregazioni all’orizzonte non se ne vedono, il fondo Atlante è impegnato in Veneto e la ripresa economica c’è ma non brilla. In questo panorama lo Stato, come da attese, si avvia a tornare il primo azionista del Monte di Paschi di Siena attraverso il pagamento in azioni, e non in denaro, degli interessi sui Monti Bond.
In una intervista a Bloomberg il vice ministro dell’economia Enrico Morando ha confermato quanto era nell’aria da qualche mese anche se la decisione, che va presa ad inizio luglio non è stata formalizzata dal governo né comunicata alla banca. Il Tesoro passerà così dall’attuale 4%, acquisito per lo stesso motivo nel luglio 2015, a circa il 7% del capitale dell’istituto senese. Una partecipazione che non dovrebbe essere preludio a una nazionalizzazione ma che in Borsa è stata salutata con un forte rialzo in una giornata peraltro positiva per la Borsa di Milano che ha chiuso in rialzo del 3,34%.
Il titolo Mps è cresciuto del 10,5% (ma comunque da inizio anno segna un passivo del 47%) trainando tutti i bancari: Intesa e Mediobanca, salite del 6%. Ha influito anche una dichiarazione della responsabile della vigilanza Bce Daniele Nouy secondo cui l’istituto centrale sta lavorando a nuove proposte per velocizzare lo smaltimento delle sofferenze.
Secondo diverse fonti tuttavia non si tratterebbe di acquisti da parte della Bce ma di disposizioni alle banche per allestire modelli organizzativi interni sul trattamento dei crediti deteriorati in modo da rendere più rapida la loro cessione.
Alla base del rialzo Mps comunque vi è la convinzione di molti che la presenza dello Stato, in tempi di bail in, rappresenta un’ancora di stabilità seppure più volte il governo ha spiegato come la presenza sia solo temporanea. Il quadro è ancora difficile per la banca senese, sia per ragioni proprie che di sistema dove oltre alle quattro banche in risoluzione, i guai di Vicenza hanno drenato buona parte delle risorse di Atlante, l’aumento di Veneto Banca è in bilico e l’unica fusione realizzata, quella fra Bpm e Banco, è stata fatta a prezzo di un aumento di capitale imposto dalla Bce.
Mps comunque, a detta di tutti, è fuori scala per il fondo guidato da Alessandro Penati. Francoforte ha chiesto a Siena sia un partner che altre misure ma come ha ricordato nei giorni scorsi il presidente Tononi “la ricerca di un partner per Mps” tuttavia “il contesto non è favorevole, e se si guarda al panorama europeo le aggregazioni sono assenti”.
A gravare sul Mps (e su molte banche italiane) ci sono i crediti deteriorati, pari a 47 miliardi (sui 200 dell’intero sistema) di cui 24 netti. Di questi, come ha detto Tononi “la parte patologica, sono pari a 10, in grande maggioranza garantite da beni reali”. Una montagna di crediti che si fa fatica a smaltire.
L’arrivo di Atlante e l’accordo con Bruxelles sulle Gacs (Garanzia pubblica per la cartolarizzazione delle sofferenze bancarie) non è servito fino a ora a far partire un mercato delle sofferenze. E se Unicredit dovrebbe con il nuovo ad lanciare un nuovo piano che preveda cessioni e forse anche un rafforzamento patrimoniale, per il Monte un aumento ora con un mercato dei capitali in turbolenza e molte banche prezzate ‘a sconto’ in Borsa, l’operazione sembra decisamente fuori portata.