ROMA – Scontro Olli Rehn-Letta: mancano 6 mld di tagli nella Legge di Stabilità. Da una parte il Commissario Ue Olli Rehn e il suo “realismo scettico” con cui valuta la situazione contabile di ogni paese; dall’altra un presidente del Consiglio, Enrico Letta, che sventola i piani spending review e privatizzazioni da 44 miliardi complessivi. Ottimismo della volontà contro pessimismo della ragione si scontrano sulla raggiungibilità dell’obiettivo di “aggiustamento strutturale” nel 2014. Ma se i numeri non tornano, ancor meno tornano i tempi di realizzazione. Olli Rehn, presa visione dei conti e della legge di stabilità non può che concludere che mancano 6 miliardi per raggiungere gli impegni programmati (riduzione del deficit sì, contenimento del debito pubblico strutturale no). Letta, avendone già discusso assieme al ministro Fabrizio Saccomanni in sede europea, replica seccato che la legge di Stabilità non necessita di ulteriori modifiche, che le esternazioni del Commissario sono inopportune e “fuori scala”, “faccia l’arbitro non faccia guai”, soprattutto la categoria dello scetticismo non è contemplata nei trattati europei.
Il mondo politico italiano è stato compatto nel reagire alle perplessità del Commissario, accusato fra l’altro di usare l’Italia come trampolino di lancio per le sue ambizioni politiche: Rehn è in predicato di diventare l’esponente di punta dell’Alleanza dei liberaldemocratici europei (Alde) per la presidenza della Commissione, la sua posizione rigorista essendo la piattaforma economica dei paesi del Nord. Quello del “realistico scetticismo” “è un approccio che si applica a tutti i Paesi”e deriva dalle “passate esperienze sulla tendenza degli Stati a sovrastimare gli introiti futuri derivanti dalle privatizzazioni” si è difeso Rehn attraverso una nota redatta da Simon O’Connor, suo portavoce agli affari economici.
Resta che nella Legge di Stabilità le misure per rientrare nei parametri in vista dell’aggiustamento strutturale sono insufficienti e rinviano a provvedimenti futuri (dando credito allo scetticismo realista): non sono iscritti nell’unico documento ufficiale che fa testo, la legge di stabilità appunto. Lì mancano 6 miliardi e quello, come per tutti gli altri Paesi, è la base con cui l’Europa valuta e stila le previsioni invernali (quando entrerà in vigore anche il fiscal compact). E da quelle valutazioni l’Italia spera di ottenere un giudizio migliore per contrattare condizioni più flessibili sugli stessi conti e contributi più ampi per il finanziamento di progetti strutturali. Letta e la sua maggioranza troverebbero difficoltà insormontabili nell’inserire all’ultimo altri 6 miliardi di risparmi nella Legge di Stabilità, non lo faranno, Saccomanni ha già liquidato l’eventualità (“Non c’è scritto da nessuna parte”). Ma in sede di trattativa con Bruxelles, Roma si presenterà con un voto più basso, frutto di un compito in classe che senza i 6 miliardi potrebbe non aver raggiunto la sufficienza.
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