PARIGI – Il decreto antiscalate del ministro Giulio Tremonti ”non è contrario al diritto comunitario”, perché i due mesi di tempo in più ai Cda per convocare le assemblee per l’approvazione dei bilanci o il rinnovo dei vertici ”sono uguali per tutti”. Però, ha fatto notare oggi una fonte del Ministero degli Esteri a Parigi, ”vista la tempistica può sembrare discriminatorio di fatto”.
Conversando con alcuni giornalisti italiani, un alto rappresentante del Quai d’Orsay ha tenuto a sottolineare che su questo atteggiamento dell’Italia la Francia ”non pensa di opporsi”, lasciando aperta l’ipotesi che ”lo possa fare la Commissione europea”.
Quanto agli altri casi di ”scalate” da parte di gruppi francesi su imprese italiane negli ultimi tempi, Parigi sostiene che le polemiche non sono ”sempre fondate”: ”Si è trattato di operazioni spettacolari – dice la fonte – ma è sbagliato pensare che si tratti di una strategia francese concepita dai poteri pubblici e condotta dal governo per impadronirsi dei gioielli italiani. Si tratta di normali strategie di imprese: ogni volta è un’operazione diversa dall’altra. Noi, ad esempio, l’acquisizione di Bulgari da parte di LVMH – ha proseguito – l’abbiamo saputa dai giornali… Senza contare che in molti casi il ricorso al partner francese è stato una soluzione di riserva. Inizialmente, come nel caso di Bulgari o Alitalia, si cercava il partner italiano”.
Secondo il Quai d’Orsay, quanto avviene è da addebitarsi al fatto che la Francia ”ha un’economia più concentrata, soprattutto nel settore del lusso – nota il Ministero degli Esteri – la potenza finanziaria francese è superiore a quella delle imprese italiane”. Quanto alle accuse di protezionismo e di intervento dello stato a difesa delle imprese, il Quai d’Orsay fa notare che ”il 42,3% del capitale presente nelle imprese del CAC40 (la Borsa, ndr) è straniero” e che ”lo stock di investimenti stranieri rispetto al Pil è del 42% in Francia, del 21% in Germania e del 19% in Italia”.
Il Quai d’Orsay ha ricordato anche che il provvedimento francese anti-Opa del 2005 tirato in questi giorni in ballo dall’Italia, ”prevede l’obbligo di autorizzazione governativa per aziende di 11 settori” ma che si tratta sempre di ”settori strategici come la Difesa, la sicurezza nazionale e l’ordine pubblico”. ”Se altri stati vogliono fare un decreto del genere, magari per altri settori – ha proseguito la fonte – possono negoziarlo con Bruxelles”..e