ROMA – I pedaggi delle autostrade italiane sono lievitati del 70% in 15 anni (dal 1999 al 2013), oltre il doppio dell’inflazione, sottolinea Sergio Rizzo sul Corriere della Sera. E questo nonostante alcuni lavori infiniti come quelli sulla tratta Torino-Milano, o nonostante cedimenti pericolosi come quello del pilone di un viadotto sulla Palermo-Catania.
Il costo continua a salire anche grazie ad una norma dello Sblocca-Italia che consente la proroga automatica delle concessioni in caso di accorpamenti delle tratte. La motivazione ufficiale è quella di favorire gli investimenti, ma scoppiano le polemiche e viene fuori che dal 1999 (anno delle privatizzazioni della società Autostrade) al 2013 le tariffe sono salite del 65,9%, nonostante l’inflazione si sia fermata al 37,4%. E la cosa non si è fermata lì, perché nel 2014 c’è stato un nuovo aumento medio del 3,9% a fronte di un rincaro del costo della vita dello 0,2%.
La norma viene stigmatizzata dal presidente dell’Autorità anticorruzione Raffaele Cantone, ma resta invariata. Si aggiunge, però, la critica dei costruttori contro i gestori. Convocato dai parlamentari in audizione, il presidente del’Ance (l’Associazione nazionale dei costruttori edili), Paolo Buzzetti, porta un documento che Rizzo definisce “ustionante”. Scrive il cronista del Corriere della Sera:
“Lì si ricorda che nel 2009, quando al governo c’era Silvio Berlusconi e alle Infrastrutture Altero Matteoli, passò la regola che consentiva ai concessionari di realizzare il 60% dei lavori «in house», cioè usando esclusivamente le proprie aziende. La motivazione fu che era necessario garantire gli investimenti previsti dalle convenzioni. Peccato però, sostiene l’Ance, che da allora quegli investimenti sono stati realizzati solo per poco più di tre quarti: 78%. La prova? I dati secondo cui gli appalti esterni dei concessionari autostradali sarebbero diminuiti da un miliardo 403,3 milioni del biennio 2007-2208 ad appena 119,8 milioni nel periodo 2013-2014.
L’Ance cita il caso Pavimental, controllata del gruppo Atlantia-Autostrade, che grazie ai lavori in house ha avuto dalla casa madre commesse per 1 miliardo e 133 milioni in cinque anni, scalando la classifica delle maggiori imprese italiane fino al posto numero 12. Spiegazione dell’amministratore delegato di Autostrade, Giovanni Castelucci: «Con Pavimental i tempi medi di esecuzione sono stati di tre anni, con soggetti terzi da cinque a nove anni. L’Ance ci chiede di rivolgerci a Pavimental perché così i subappaltatori vengono pagati».
Ma se le imprese terze toccano poche palle, fa capire il documento dei costruttori, i concessionari autostradali guadagnano due volte. La prima con le tariffe, la seconda con i lavori assegnati a se stessi. Cosa che ha indotto l’Ance a presentare un esposto europeo nei confronti della Società autostrada tirrenica, concessionaria (grazie a ripetute proroghe) fino al 2046 della Civitavecchia-Livorno, che sta realizzando in house il tratto fra Civitavecchia e Tarquinia: fino a tre anni fa controllata da Autostrade, ora metà del capitale è controllato dal gruppo Caltagirone e dalle coop. Da 13 anni è presieduta da Antonio Bargone, ex sottosegretario ai Lavori pubblici con Prodi, D’Alema e Amato”.
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