ROMA – Pensioni. Il furto legalizzato dei contributi silenti. Nessuno può esibire cifre esatte, tanto meno l’Inps che però si limita a ricordare, con il direttore generale, che una qualsiasi forma di restituzione “l’Istituto rischierebbe il default. La questione, infatti, coinvolge milioni di persone”. Milioni di persone, le quali hanno versato migliaia di euro in contributi ma che, non potendo raggiungere il livello minimo di contribuzione, vedranno andare letteralmente in fumo i contributi versati. La riforma Fornero, che ha elevato per tutti quella soglia minima di contribuzione a 20 anni, aggrava il problema. La riforma delle pensioni del ’93 concedeva a chi avesse versato contributi per 15 anni entro il 1992 o che a quella data avesse iniziato a versarli, di poter accedere alla pensione a 60 anni. La riforma Fornero ne richiede 20 di anni di contribuzione.
Mauro Nori, direttore generale dell’Inps, sollecitato dal quotidiano di informazione economica Italia Oggi, si nega a qualsiasi presa di posizione di tipo politico ma, da tecnico, è costretto a ricordare che “in qualsiasi sistema pensionistico esiste una soglia minima di contribuzione che dà accesso alla pensione”. Giusto, ma grazie ai miliardi in contributi silenti (Italia Oggi offre una stima plausibile in 10 miliardi), che servono ai più diversi scopi dalle pensioni al welfare, il sistema complessivo regge, i lavoratori garantiti ne beneficiano, mentre una platea enorme, formata da tante donne, ex lavoratori autonomi, stagionali agricoli pagati con i vaucher, professionisti con una vita lavorativa irregolare, non riceveranno indietro nulla né in termini previdenziali, né assistenziali, a fronte di un impegno economico rilevante.
Facciamo un esempio. Un lavoratore con una busta paga da 1500 euro netti al mese, versa circa 700/750 euro al mese all’Inps. Diciamo 9/10 mila euro l’anno. 5 annoi di contributi silenti valgono una bella sommetta, 50 mila euro, che il contributore non rivedrà mai, certo non con la pensione, ma nemmeno con qualche forma di riscatto o prestazione al lavoratore. Che fare per non perdere i contributi del tutto? Due soluzioni: prosecuzione volontaria o totalizzazione. La prima consente di versare contribuiti pur in assenza di un contratto di lavoro al fine di raggiungere i requisiti minimi: è molto onerosa e non vale per chi abbia meno di 5 anni di contribuzione piena. 4 anni significa contributi persi per sempre. La totalizzazione è molto onerosa ma perlomeno non esclude, come in passato, chi non poteva cumulare spezzoni contributivi di almeno tre anni.
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