ROMA – Pensione degli ex postini: Poste è una Spa, perché ci costa un miliardo l’anno? Poste Italiane, rigenerata dopo la trasformazione del 1998 da carrozzone pubblico e clientelare inefficiente e perennemente in perdita in una società per azioni, funziona, è all’avanguardia tecnologica e fa utili. Impiega 150 mila dipendenti. Ma per gli ex postini, la previdenza è a carico dello Stato. Tobia De Stefano su Libero Quotidiano, si chiede (e idealmente gira il quesito al commissario alla spending review Carlo Cottarelli) perché lo Stato debba trasferire ogni anno dal 2008 a oggi poco meno di un miliardo l’anno per rimborsare le pensioni delle Poste Italiane, una vera e propria società per azioni a tutti gli effetti privata ma controllata dal Tesoro.
In un quinquennio lo Stato ha rimborsato prima l’Ipost (istituto di previdenza dei Postelegrafonici) e poi l’Inps (che ha riunito tutte le casse) con trasferimenti del valore di 5 miliardi e mezzo. Esiste ancora, si chiede De Stefano, l’esigenza, dopo il varo della dolorosa razionalizzazione di Poste, di tutelare i vecchi dipendenti proiettati in una fase di transizione che, stante il modello di business ad alto valore tecnologico, poteva tagliarli fuori? La risposta del giornalista è conseguente al successo di Poste: la voce “somma da rimborsare all’istituto postelegrafonico per il trattamento di quiescenza del personale dipendente da Poste Italiane Spa” dovrebbe essere cancellata e le risorse destinate ad altre emergenze.
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