I lavoratori parasubordinati, le partite Iva, tutta la popolazione “precaria” insomma, che oggi è nell’età compresa tra i 25 e 35 anni e che versa il 27% del suo salario all’Inps, andrà in pensione con un assegno di circa 500 euro. In pratica qualche spicciolo in più dell’assegno di povertà. E’ una verità che tutti gli studi di settore confermano ma per la quale sembra esserci una vera e propria consegna del silenzio.
Un sasso nello stagno è stato, inavvertitamente, gettato dal presidente dell’Inps, Antonio Mastropasqua, che avrebbe detto: «Se dovessimo dare la simulazione della pensione ai parasubordinati rischieremmo un sommovimento sociale». L’incauta frase è stata ripresa dall’Italia dei Valori che ha presentato un’interrogazione urgente sull’argomento ai ministri Giulio Tremonti e Maurizio Sacconi.
La drammatica situazione dei precari è riconosciuta da tutti i principali studi di settore. Dalla legge Dini del 1995 i cosiddetti parasubordinati – una vasta categoria che raccoglie liberi professionisti, collaboratori ma anche gli assegnisti di ricerca – versano i contributi alla cosiddetta “gestione separata” dell’Inps. L’aliquota contributiva era all’epoca del 10-12%. Dal primo gennaio 2010 ha raggiunto il 26,72%.
I redditi di questa categoria hanno due caratteristiche: sono bassi (una media di 1200 euro) e discontinui (tra un contratto e l’altro possono passare anche mesi). Appare chiaro a tutti i tecnici che con il metodo contributivo integralmente applicato, questi lavoratori potranno difficilmente maturare una pensione superiore all’assegno sociale (oggi 411 euro al mese).
Se l’Inps teme le sommesse sociali e non fornisce simulazione, altri lo fanno. La Nidil-Cgil, il sindacato dei lavoratori atipici, ha elaborato delle simulazioni sui parasubordinati. Gli uffici del sindacato hanno preso ad esempio due lavoratori che abbiamo cominciato a lavorare nel ’96 et nel 2010, guadagnando entrambi sui 1250 euro al mese, andando in pensione a 65 anni dopo 40 anni di attività, e che abbiano circa un mese di non lavoro ogni anno. Il primo di questi, il più svantaggiato potrà , secondo le proiezioni, arrivare ad una pensione di 508 euro, mentre il secondo raggiungerà i 601 euro.
La legge Dini che istituì il fondo integrativo non voleva solo dare una pensione ai lavoratori atipici. Obiettivo non dichiarato era anche quello di garantire nuove entrate all’Inps. Missione compiuta: con i contributi che i parasubordinati versano all’Inps, in attivo di 8 miliardi, si pagano oggi le pensioni alle categorie che non ce la farebbero con i soli versamenti dei loro iscritti, dai dirigenti d’azienda ai lavoratori degli ex fondi speciali.