ROMA – Contratti a termine. Via “causalone” e intervalli ridotti. Entro settembre potrebbero venir meno 500 mila rinnovi di contratti a termine, un quarto dei 2 milioni della platea complessiva di cosiddetti “terministi”. Datagiovani ha stimato che donne, giovani con meno di 35 anni e residenti al Nord sono i più penalizzati, insieme ai profili medio alti, quelli provvisti di laurea.
Le rigidità introdotte dalla Riforma Fornero (per disincentivare la flessibilità in entrata) più che contrastare il precariato sembra aver ingessato il mercato del lavoro in entrata. Il Governo Letta sta pensando di intervenire sulle criticità più evidenti: l’indicazione obbligatoria di una causale (detta “causalone“) per giustificare un’assunzione a tempo determinato, la durata dell’intervallo tra un contratto e l’altro, giudicata troppo lunga, l’aliquota contributiva aggiuntiva a carico delle imprese per i contratti a tempo determinato. Il rinnovo dei precari della PA è un capitolo a parte.
Via il causalone. Il contratto è valido solo se il datore indica correttamente le ragioni tecniche ed economiche per cui ricorre a un contratto a tempo (fino a 12 mesi suol primo contratto non serve). Il governo pensa di eliminare tout court questa causale perché troppo aleatorie possono essere le giustificazioni e troppo alto il rischio di annullamento in giudizio del contratto stesso. Resterebbe l’illegittimità del contratto solo se vengono infranti i limiti quantitativi di durata esistenti.
Intervallo tra un contratto e un altro. Intervalli troppo lunghi tra un contratto e un altro, questa una delle ragioni più manifeste e che, come un boomerang, non realizza l’obiettivo sperato ma anzi consente alle imprese di fare una turnazione del personale. Per impedire un eccessivo ricorso al precariato, la legge Fornero stabiliva un limite minimo di ameno 2 mesi fra un rinnovo e l’altro, addirittura tre mesi se il contratto precedente ha superato io 6 mesi di durata. La soluzione più probabile che adotterà il Governo Letta è un ritorno alla normativa precedente la riforma Fornero: “stop and go” di 10 giorni, massimo 20 (per i contratti oltre i sei mesi).
Aliquota contributiva. Sui contratti a termine vige una aliquota contributiva aggiuntiva (un disincentivo alle imprese) dell’1,4%. Si studia un ritocco verso il basso.
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