Dittatura del rating: Draghi gli dice addio. Corte dei Conti: “120 mld di danni”

ROMA – L’ultima bastonata l’hanno affibbiata ai colossi del credito americani, tedeschi, francesi (qui tutti i downgrade): le agenzie del rating, Moody’s in questo caso, hanno retrocesso anche Morgan Stanley, che per il brutto voto avrà maggiori costi per ben 7 miliardi. Dalle banche agli stati per le tre agenzie non cambia molto: le banche spagnole, giudicate sull’orlo dell’insolvibilità trascinano il paese verso il default. Mario Draghi sta cercando soluzioni alla dittatura del rating, cercano il modo di consentire alla Bce di essere più indulgente nel valutare i titoli delle banche accettabili come garanzia.

La Corte dei Conti del Lazio ha aperto un’istruttoria contro le tre sorelle del rating, Moody’s, Fitch e Standard’s & Poor’s: le valutazioni non corrette emanate a più riprese dalle agenzie possono aver provocato un danno erariale enorme. A Natale l’istruttoria verrà chiusa, già oggi però è possibile una stima dei danni: 120 miliardi di euro, in pratica la somma delle due manovre Salva-Italia dell’estate e dell’autunno 2011. L’inchiesta potrebbe condurre a una citazione e richiesta di risarcimento danni, i magistrati della Corte stanno spulciando i documenti, avvalendosi anche del filone di inchiesta della Procura di Trani. Esperienza questa che suscitò istintiva solidarietà ma anche grande scetticismo sulle possibilità di una piccola procura di inchiodare la finanza internazionale alle sue responsabilità: Davide contro Golia, ma con un altro finale, tanto è vero che, nonostante anche Obama contestò un errore di calcolo sui 2 mila miliardi di dollari di debito da parte di S&P’s, il suo ministro della Giustizia Usa liquidò Trani con l’ottima ragione che, per la legge americana, le opinioni espresse dalle agenzie non sono perseguibili.

Il fatto è che il rating, la valutazione espressa da un soggetto esterno e indipendente, può far danni, specie quando sono avventate, ma è tuttora insostituibile. Le agenzie valutano la solvibilità di un soggetto che emette obbligazioni: stima cioè la capacità del soggetto emittente di pagare o meno i propri debiti. Se sia in grado o meno di generare le risorse necessarie per far fronte agli impegni presi con i creditori. Quando una banca chiede un prestito ad un’altra banca, o alla Banca centrale, deve portare suoi titoli in garanzia. Si chiamano collateral e quanto valgono, per decidere l’entità della garanzia esibita, lo stabilisce appunto il giudizio delle agenzie di rating. Così, se il giudizio è negativo, la banca dovrà mobilitare più titoli come deposito di garanzia a parità di prestito. E’ quello che succederà a Morgan Stanley, che per rimpinguare i suoi collateral sborserà 7 miliardi.  Il conto potrà arrivare fino a 5 miliardi per Citigroup e JP Morgan Chase, a 3 miliardi per Bank of America.

Giudizi dubbi, a volte aleatori, spesso avventati, ma insostituibili: le agenzie sono state accusate dei peggiori misfatti e sono ovviamente in cima alla lista dei sospetti di chi crede nell’immancabile complotto finbanziario internazionale. In effetti, però, la tripla A concessa sul debito sovrano della Gran Bretagna non fa che alimentare questi sospetti, visto che non si capisce come possa ottenere il massimo dei voti il paese con il più alto debito pubblico e il più alto debito privato del mondo.

Nel caso italiano i capi di accusa contro le agenzie sono diversi e articolati. Perché il 6 maggio 2010, alle 11 e 15, con i mercati aperti, Moody’s diffuse notizie allarmanti sulla tenuta del sistema economico italiano? Perché il 20 maggio 2011  trte analisti di S&P’s diffondono un report con l’outlook dell’Italia a giudizio dei magistrati “falsi, infondati e tendenziosi”? Perché tra maggio e novembre 2011 Fitch rivela a più riprese l’imminente declassamento del rating dell’Italia con l’aggravante di abusare di informazioni privilegiate? A Natale scopriremo se la Corte dei Conti deciderà di dare una risposta a questi interrogativi citando in giudizio tutte e tre le agenzie. Nel frattempo Mario Draghi studia il modo di renderle inoffensive. Scrive Federico Rampini su Repubblica che le cose cambieranno presto. “Mario Draghi dovrebbe annunciare oggi nuove regole sulla valutazione dei titoli che accetterà dalle banche come “collaterale” e cioè in garanzia. Per molti istituti di credito europei questo allentamento delle regole è ormai questione di vita o di morte”. Il rating dà fastidio, strangola le banche, produce recessione? Facciamone a meno…

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