La riforma del lavoro del senatore Pd Piero Ichino: “A sinistra la voterebbero”

Pubblicato il 30 Ottobre 2011 - 10:42 OLTRE 6 MESI FA

Claudio Morando

Tra le reazioni più importanti da segnalare c’è quella di Enrico Morando, altro senatore Pd di area liberal. In’un intervista al Corriere di oggi 30 ottobre, Morando spiega di appoggiare la proposta di Ichino: “Dire che bisogna rendere più facili i licenziamenti per rendere più facili le assunzioni è un discorso che non sta in piedi. Significa solo spostare sulle spalle dei lavoratori i costi della crisi, dopodiché di flessibilità in uscita si può parlare, ma solo dopo aver creato un sistema di ammortizzatori sociali che copra tutti i lavoratori. Oggi non c’è”.

“ll problema principale dell’Italia, come ci ha detto anche l’Europa, è il dualismo del nostro mercato del lavoro. Chi ha un contratto a tempo indeterminato è protetto, anche se meno che altrove. Chi è precario, invece, non ha alcuna forma di tutela, nemmeno quella più elementare in caso di disoccupazione. Il vero problema è questo, non la flessibilità in uscita“.

Secondo Morando si può paralre di questi argomenti “ridisegnando completamente le regole, non con un blitz che faciliti i licenziamenti punto e basta. Io sono per il modello Ichino. E cioè, a differenza di quello che lascia intendere la lettera del governo italiano, non cambierebbe nulla per i lavoratori che oggi hanno un contratto a tempo indeterminato. Per loro resterebbe anche l’articolo 18, e quindi la possibilità di fare ricorso al giudice ed essere riassunti in caso di sentenza favorevole”.

Per i nuovi assunti – spiega Morando – “bisogna eliminare questo ciarpame di contratti flessibili che annienta i nostri giovani. E introdurre un contratto unico che non può essere a termine ma supererebbe l’articolo 18”. Il licenziamento sarebbe sempre possibile, dunque. “Mai quello per motivi discriminatori, di fatto oggi possibile nei contratti a termine, ad esempio per le opinioni politiche”.

E se l’azienda va in crisi? “Il licenziamento per motivi economici sarebbe possibile in una prima fase, diciamo per un certo numero di anni. Anche se qui sono possibili diverse varianti e c’è chi sostiene che dopo alcuni anni potrebbe essere di nuovo vietato. In ogni caso il lavoratore licenziato otterrebbe dall’azienda un indennizzo crescente in base al numero degli anni di impiego. Naturalmente se è disponibile a frequentare corsi di riqualificazione e cercare un nuovo lavoro”.

Per eliminare il dualismo oggi presente nel mercato del lavoro tra garantiti e non garantiti bisognerebbe aspettare solo qualche anno: “Nel giro di alcuni anni avremmo solo lavoratori con le nuove regole. E la cosa importante è che tutti sarebbero garantiti da quegli ammortizzatori sociali universali, come in Germania, in Danimarca o in Svezia, che oggi non abbiamo. Lo ripeto, questa è la condizione essenziale per qualsiasi modifica alle regole sui licenziamenti”.

Il punto è che con queste regole non solo lo Stato ma anche l’azienda che licenzia avrebbe interesse a riqualificare e ricollocare il lavoratore licenziato”. Anche in un momento di crisi come questo, le aziende secondo Morando devono guardare al futuro non scaricando tutto sui più deboli. Per questa ragione, dovrebbero appoggiare un disegno di legge come questo.