Escludere la Russia dal circuito di pagamenti Swift: è forse l’ultima arma per fermare Putin dopo l’invasione dell’Ucraina, ma di cosa si tratta? E perché l’Occidente indugia ad usarla? Il timore è che la sanzione possa anche non essere così efficace come si pensa e rischia di diventare un’arma a doppio taglio.
Swift, che cos’è
Acronimo di Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication, Swift non è altro che un sistema di messaggistica sicuro, universalmente accettato, che oggi costituisce lo standard per chiudere velocemente i pagamenti di beni, servizi, materie prime, prodotti energetici.
Il consorzio fu costituito nel 1977 per evitare che l’infrastruttura dei pagamenti internazionali fosse monopolizzata dall’americana Citibank e ha sempre agito come una società privata. Dopo l’attacco alle Torri Gemelle del 2001 però gli Usa ne chiesero l’accesso per rintracciare la rete di finanziamento dei fondamentalisti islamici.
Ordini, scambi in valuta, vendite e acquisti passano da lì, con oltre 11.000 aziende e istituzioni finanziarie aderenti, una presenza in oltre 200 Paesi e un traffico di 42 milioni di messaggi al giorno.
Per escludere la Russia dallo Swift servirebbe una sanzione decisa della Ue, recepita poi dalla banca centrale belga che supervisiona Swift assieme ai rappresentanti di Federal Reserve System, Bce, Banca del Giappone e altre.
Swift, il caso Iran
L’importanza dell’uso di Swift in un quadro sanzionatorio è emersa nel 2012, quando su pressione degli Usa venne disconnesso il sistema bancario dell’Iran, nell’ambito delle misure studiate per fermarne il programma nucleare.
Swift blocca non solo i paesi ma anche gli intermediari che, in violazione delle sanzioni, effettuino transazioni con i soggetti colpiti, diventando così un’arma economica potente.
Significa quindi rendere la Russia un paria sui mercati finanziari e commerciali. Ma tutto questo avrebbe anche pesanti implicazioni internazionali: per l’esposizione delle banche italiane e francesi verso Mosca, che non potrebbero vedere ripagati i propri crediti, per l’export in particolare tedesco, ma soprattutto per l’energia.
Verrebbero infatti congelate tutte le transazioni dell’Occidente con la Russia, compreso l’acquisto di gas e petrolio al ritmo di 700 milioni di dollari al giorno, che sta di fatto finanziando l’invasione stessa dell’Ucraina.
Russia fuori dallo Swift, perché è complicato
Il gas non è l’unica preoccupazione. Il timore di molti è che l’esclusione da Swift incoraggerebbe la Russia, e magari la Cina, a sviluppare sistemi alternativi: la Banca di Russia ci ha già provato nel 2014, con l’invasione in Crimea, quando l’Europa chiese che la Russia fosse sconnessa da Swift. All’epoca le autorità russe stimarono che il provvedimento avrebbe comportato una riduzione del Pil del 5%.
Lo spiega uno studio pubblicato nei giorni scorsi dall’Ispi, l’Istituto per gli studi di politica internazionale, firmato da Luca Fantacci e Lucio Gobbi.
La banca centrale russa ha sviluppato nel 2014 un proprio sistema di pagamento, Mir, che intermedia circa il 25% di tutte le transazioni nazionali con carta, ma che è difficilmente utilizzabile all’estero.
In seguito il governo russo ha sviluppato un’altra rete di pagamenti, il System for Transfer of Financial Messages (SPFS) che nel 2021 ha intermediato circa 13 milioni di messaggi tra i più di 400 intermediari finanziari aderenti al sistema (tra cui Unicredit e Deutsche Bank) per un totale pari al 20% dei trasferimenti nazionali.
Nel caso in cui le banche russe fossero disconnesse da Swift il sistema finanziario russo potrebbe appoggiarsi inoltre al sistema di pagamento interbancario transfrontaliero cinese (CIPS), gestito dalla People’s Bank of China, che ha utenti in oltre cento Paesi.
Quindi oggi, grazie al Mir, i pagamenti interni al Paese non sarebbero colpiti. E anche gli effetti sulle relazioni esterne sarebbero parzialmente attenuati dal ricorso a Spfs e Cips.
Swift, i rischi per l’Occidente
In compenso, l’esclusione di un Paese da Swift avrebbe ripercussioni sugli Stati che comminano le sanzioni. Il blocco dei pagamenti in entrata e in uscita imporrebbe un’interruzione non soltanto dei traffici commerciali, ma anche delle transazioni finanziarie.
Perciò un blocco indiscriminato rischierebbe di tradursi in una moratoria sui debiti esteri della Russia. Inoltre, come ricorda il Wall Street Journal, potrebbe accelerare il ricorso a valute digitalizzate o ai bitcoin.
Alla lunga, l’utilizzo di Swift come arma, conclude l’Ispi, “rischia di essere costoso per i Paesi che la utilizzano assai più che per quelli che la subiscono: il ricorso sistematico a questo strumento, non solo colpisce tanto gli uni quanto gli altri, ma incentiva la ricerca di alternative e finisce per minare alla radice l’utilizzo del dollaro come moneta internazionale e l’assetto geopolitico che su tale egemonia monetaria si regge”.