MILANO – Al passivo della Snia non si dovranno aggiungere i quasi 3,5 miliardi di euro che lo Stato pretendeva dall’ex colosso chimico e che un giudice di Milano ha stabilito di non dovere riconoscere. La decisione è riportata dal Messaggero di Roma ed è stata presa, mercoledì 2 luglio, dal giudice milanese Guido Macripò in quale
“ha respinto la domanda di ammissione presentata dai ministeri dell’Ambiente e dell’Economia”.
Lo Stato, attraverso i due ministeri, chiedeva la somma di 3.439 milioni per presunti danni causati dai siti produttivi di Brescia, Tor Viscosa, Colleferro:
“Specie i primi due avrebbero provocato, secondo l’Ambiente, un inquinamento ambientale sui terreni circostanti. All’udienza i due ministeri erano rappresentati da Francesco Vignoli dell’Avvocatura dello Stato, mentre la procedura Snia dal commissario straordinario, Marco Cappelletto, nonché dal curatore speciale, Margherita Barie, nominata dal presidente del Tribunale in considerazione del conflitto di interesse in cui versa Cappelletto, il quale è anche commissario straordinario delle procedure Caffaro e Caffaro Chimica, controllate appunto da Snia.
“L’Ambiente e l’Economia quasi certamente impugneranno il provvedimento anche se, per il momento, molti nomi noti della finanza e dell’industria recente tirano un sospiro di sollievo: Giovanni Consorte, Emilio Gnutti, Giorgio Cirla, Carlo Callieri, Umberto Rosa. Tutti questi avrebbero dovuto sborsare questa colossale somma, in solido, salvo la possibilità di rivalersi con gli altri partner di Bios, la società veicolo che deteneva il 50,1% di Snia, i suoi azionisti (Hopa poi fusa in Mittel, Mps, Ge-Interbanca, Unipol) e Sorin.
Quest’ultima 11 anni fa fu beneficiaria della scissione delle attività biomedicali di Snia che, con questa scelta, volle diversificare il business della chimica prevedendo che non sarebbe riuscita a competere con la concorrenza internazionale, imboccando però una china terminata con l’amministrazione straordinaria chiesta nel 2010 dalla controllata Caffaro, in procedura dal 1999”.
Gli argomenti sostenuti dai legali di parte Snia erano:
“L’inammissibilità o infondatezza di una pretesa creditoria ancora incerta e illiquida. La contraddittorietà tra le richieste ministeriali e le risultanze dei documenti prodotti dagli stessi ministeri: le carte prodotte, in particolare, i verbali delle conferenze dei servizi depositati dai ministeri, danno atto dell’esistenza di plurime attività industriali inquinanti esercitate da soggetti terzi e diversi da Caffaro sulle aree ricomprese nei Siti di interesse nazionali (Sin). L’arbitrarietà dei pretesi costi di bonifica: ancora oggi le procedure di bonifica risultano in alto mare e, dunque, non esiste alcuna certa e attendibile stima di costi. Stima che è peraltro fondata su valutazioni provenienti dalle stesse parti ricorrenti e dall’Ispra, che è una diretta emanazione del ministero dell’Ambiente”.
La Snia fu fondata nel 1917 da Riccardo Gualino e Giovanni Agnelli come Società di Navigazione Italo Americana per il trasporto di materiali bellici dall’America all’Italia durante la seconda guerra mondiale. Lo stesso Riccardo Gualino, insieme con Franco Marinotti, la riconvertì in azienda per la produzione di fibre sintetiche, ribattezzandola Snia Viscosa. La Snia Viscosa fu quotata alla borsa di Milano nel 1922. Nel 1925 era la prima società italiana con un capitale sociale pari ad un miliardo di lire, oltre che la prima a essere quotata in una borsa estera (Londra e New York).
Dopo varie vicende, nel 1974 entrò a far parte di Montedison e con il nome di Snia BPD nel 1980 venne acquistata da FIAT, che a sua volta la cedette nel 1998 per 2.100 miliardi di lire.
Nuova crisi societataria fino a quando, il 16 aprile 2010, il Tribunale di Milano ha dichiarato lo stato di insolvenza di SNIA S.p.A., dando luogo all’avvio della procedura di amministrazione straordinaria.