ROMA – Più poteri ai dirigenti e procedura semplificata per allontanare chi non lavora: sono questi i principi che guidano i tecnici del Ministero della Funzione Pubblica nell’ambito della riforma del ministro Marianna Madia, per rendere efficace le norme più conosciute come “anti-fannulloni” dell’ex ministro Renato Brunetta. Un dato misura la scarsa efficacia di quelle norme: nel 2013, tra i più di 3 milioni di dipendenti statali, rispetto ai 7mila procedimenti disciplinari avviati appena 219 portarono al licenziamento.
Più precisamente: in 99 casi l’assenza ingiustificata ha portato al licenziamento, 35 volte per negligenze o inadempienze contrattuali. Significa che licenziare per scarso rendimento, nel pubblico è praticamente impossibile se la causa non è accompagnata da una palese violazione di una norma, di un contratto, di un regolamento disciplinare o di un codice etico. Deve essere manifesta, e quindi perseguibile disciplinarmente, la “colpa soggettiva” del lavoratore. Dal Sole 24 Ore ricaviamo il programma per rendere più facili i licenziamenti per scarso rendimento, seguendo il modello adottato nel privato.
L’idea dei tecnici della Pa è di guardare a quanto accade nel privato, dove il licenziamento per scarso rendimento, evidenzia Arturo Maresca, ordinario di diritto del Lavoro alla Sapienza di Roma, è sempre praticabile, «con una modalità collaudata, quella del licenziamento disciplinare, che può essere adottato a seguito di un procedimento nel quale si contesta al lavoratore una prestazione scarsa per un comportamento di negligenza o di imperizia, oppure con una modalità che si inizia a profilare in giurisprudenza, cioè quella dello scarso rendimento oggettivamente misurato in base al rendimento di un gruppo omogeneo di lavoratori, che identifica il parametro della normale prestazione, rispetto al quale è possibile valutare una prestazione significativamente e costantemente inferiore che determina un giustificato motivo oggettivo di recesso».
Una normativa comunque più agevole (non ci sono presupposti rigidamente fissati), su cui i tecnici di palazzo Vidoni starebbero ragionando per “esportarla” nella Pa. L’ipotesi allo studio è mantenere il sistema di valutazione (che continuerebbe a fornire indicazioni sul rendimento del lavoratore), ma senza che questo costituisca passaggio obbligato per arrivare al recesso. Potrebbe essere infatti il dirigente ad accertare lo scarso rendimento colpevole del lavoratore. Quest’ultimo avrebbe un breve periodo per ravvedersi, dopo di che si arriverebbe al recesso (verrebbero confermate le garanzie del procedimento disciplinare). (Giorgio Pogliotti e Claudio Tucci, Il Sole 24 Ore).