Dopo la Francia, l’Italia trova un nuovo partner per il rilancio del nucleare nel nostro Paese. Il ministro per lo Sviluppo economico Claudio Scajola ha infatti siglato insieme al segretario statunitense all’Energia, Steven Chu, una «Dichiarazione congiunta in tema di cooperazione industriale e commerciale nel settore dell’energia nucleare», il cui obiettivo «è istituire un quadro per la collaborazione fra le parti sulla ricerca e lo sviluppo per migliorare i costi, la sicurezza, il ciclo dei rifiuti e la resistenza alla proliferazione dei sistemi per l’energia nucleare per usi civili».
Il documento sottolinea che le attività di cooperazione riguardano esclusivamente gli impieghi pacifici dell’energia nucleare: «Anche le tecnologie nucleari sensibili (ad esempio l’arricchimento dell’uranio) sono specificatamente escluse dall’oggetto della cooperazione». In particolare, le aree tecniche di collaborazione comprendono la progettazione di reattori di nuova generazione, la ricerca sul nucleare di base e le tecnologie per il trattamento dei rifiuti per lo stoccaggio e il deposito finale. Allo stesso tempo, si prevede “lo scambio di scienziati”, nonché «di informazioni, materiali e attrezzature».
Con l’accordo nasce anche un comitato di sorveglianza bilaterale che si riunirà ogni anno alternativamente nei due paesi, avrà due rappresentanti per parte e il compito della direzione programmatica e della supervisione del programma.
Il segretario Chu pone l’accento sulle possibilità che le imprese statunitensi potranno avere in Italia: «General Electric e Westinghouse avranno l’opportunità di partecipare a gare di appalto in Italia» che, ha proseguito Chu, si pone «obiettivi molto ambiziosi» in materia di nucleare ed energie rinnovabili. Non a caso, con la dichiarazione congiunta i due Paesi si impegnano ad eliminare le barriere alla cooperazione commerciale, industriale e bilaterale, a promuovere l’assegnazione di appalti nei rispettivi paesi, a incoraggiare l’adozione delle tecniche per la “carbon sequestration”.
Le eventuali iniziative comuni fra industrie dei due Paesi, però, non partiranno molto a breve: facendo un parallelo con l’intesa del febbraio scorso con la Francia, che ha portato all’intesa fra Enel ed Edf, Scajola ha spiegato che «l’accordo con la Francia ha significato un lavoro di studio molto lungo. Se le imprese americane sono interessante sicuramente un’intesa avverrà in un momento successivo a febbraio» quando, assicura il ministro, «definiremo i criteri per la scelta dei siti» che ospiteranno le centrali.
Il ricorso presentato alla Corte Costituzionale da alcune regioni contro la Legge Sviluppo, che dà al Governo la possibilità di “scavalvare” le amministrazioni locali e decidere da solo dove collocare nuovi impianti nucleari nel caso in cui non si raggiunga un’intesa con gli enti territoriali, può rappresentare «un arma a doppio taglio».
a dirlo è ancora il ministro Scajola, secondo il quale «se la Corte desse ragione al Governo, sarebbe una doppia legittimazione», chiudendo la porta ad ulteriori nuove azioni legali. Altrimenti, «se ci dà torto ci può suggerire delle modifiche legislative». Scajola, augurandosi «che la magistratura non voglia bloccare lo sviluppo del Paese, sarebbe gravissimo» ha spiegato che«se anche la Corte intervenisse, il nostro percorso sarebbe quello di definire i criteri per dire dove non si possono costruire le centrali».
In questo modo, chi fosse interessato potrebbe tenere conto delle potreste a livello locale e «trovare un posto dove si può e si vuole fare una centrale». Il ministro ha quindi ribadito che «non intendiamo tornare al nucleare costruendo centrali contro qualcuno. È evidente che cercheremo la massima collaborazione con il territorio e le Regioni. Nella legge Sviluppo c’è però uno strumento forte, secondo il quale le centrali sono siti di interesse strategico per il Paese. Mi auguro che non debba essere usato, ma laddove ci fosse il veto del territorio, l’interesse generale del Paese deve prevalere. Ma mi auguro che tale strumento» che in situazioni estreme prevede anche l’utilizzo dei militari «non sia utilizzato».
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