Il ministro Bondi ha annunciato che non andrà al festival cinematografico di Cannes perché si sono permessi di invitare Sabina Guzzanti con il film “Draquila”. Secondo il ministro questo invito rappresenterebbe una grave offesa alla dignità nazionale.
Quando abbiamo letto questa notizia abbiamo pensato ad uno scherzo, ad una goliardata messa in giro da qualche grillino che voleva prendere per i fondelli il ministro berlusconissimo, invece era tutto vero!
Del resto perché meravigliarsi, il capo supremo in persona, appena qualche settimana fa, aveva sferrato un duro attacco allo scrittore Roberto Saviano perché con i suoli libri avrebbe contributio ad amplificare il fenomeno mafioso e a sporcare l’immagine della Italia. Non la mafia ha sporcato l’Italia, ma i giornalisti, i magistrati, i poliziotti, i registi, i cittadini che ne hanno parlato,hanno descritto la bestia e hanno cercato di contrastarla.
Allo stesso modo Sabina Guzzanti è sotto accusa perché si è permessa di sporcare l’immagine della ricostruzione abruzzese. dando la parola anche a chi non ha mai nascosto critiche, perplessità, denunce argomentate. Lo scandalo non è quello che si sta manifestando attorno ai grandi appalti, ma è Sabina Guzzanti che osa illuminare anche i lati oscuri del terremoto abruzzese, non a caso il suo film è stato accolto da un lungo commosso applauso quando è stato proiettato all’Aquila, alla presenza di tanti familiari delle vittime e di tanti cittadini,testimoni diretti di quelle giornate e di un desolante presente.
Forse proprio quegli applausi sono quelli che hanno fatto perdere la testa alla cricca, consapevole che il castello faticosamente costruito potrebbe sgretolarsi all’improvviso.
Per fortuna della Guzzanti il festival si svolge in terra straniera,altrimenti dopo averla cacciata dalle tv del polo raiset avrebbero provveduto anche a far chiudere un festival del cinema pur di impedirne la visione
Al di là delle battute, la scelta di Bondi simboleggia la parabola di un movimento nato con lo slogan “Vietato Vietare”, che ha ormai assunto come nuova parola d’ordine “E’ vietato tutto quello che non piace al capo supremo”, così di giorno in giorno la lista si allunga:si va dalla Guzzanti a Santoro, dalla Dandini a Ballarò, dagli enti lirici al cinema italiano, sino ad arrivare al presidente Fini e ai suoi seguaci considerati persone sgradite da allontanare prima dai media poi dalla politica.
Tutti costoro,compreso Fini, sono finiti nell’elenco degli antiitaliani, quelli che non vogliono bene a Berlusconi e di conseguenza non vogliono bene all’Italia.
Più o meno così, in situazioni storiche ovviamente ben diverse, si ragionava nella Italia di Mussolini e nella Russia del piccolo padre Stalin,dove chi non lo amava era un nemico del popolo e finiva a spalare neve e non solo in Siberia. Da noi, almeno per ora, si finisce prima fuori dal video e poi triturati da un bel pestaggio mediatico organizzato dai media di proprietà del piccolo padre.
Dal momento che il ministro ha comunque deciso di non partire per la Francia potrebbe utilmente impiegare il suo tempo per tentare di dare una risposta concreta alla clamorosa protesta che si sta sollevando in tutti i teatri italiani, nel mondo della lirica e del cinema, negli istituti di cultura e nei luoghi della ricerca, tutti uniti nel contestare le ultime scelte del governo che comporteranno la morte di tanta parte della industria culturale italiana.
Sarà una casualità ma si tratta di quei mondi che ancora non sono controllati dal polo unico raiset, che sfuggono al dominio televisivo, che hanno la pretesa di rappresentare un pensiero critico e non omologato.
Il ministro Bondi si dovrebbe dimettere non solo per la comica decisione di non andare a Cannes, ma soprattutto perché non è stato e non è capace di rispondere a queste richieste, non può, non sa, non vuole esercitare la funzione di ministro dei beni culturali, del resto è troppo impegnato a svolgere il ruolo di capo del servizio d’ordine dell’amico Silvio che, come è noto, non ha mai amato quel culturame che passa la giornata a denigrare l’immagine della Italia, invece di cantare le lodi della casa regnante.
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