ROMA – Si chiama Alessandra Pacchieri, ha 35 anni, ed è di Chiusi: è lei la mamma ritenuta “pazza” dai giudici inglesi che l’hanno costretta a partorire e a dare in affido ai servizi sociali la sua bambina. Dopo essere finita sulle prime pagine di tutti i giornali Alessandra ha deciso di rivelare a tutti la sua identità. Lo ha fatto per bocca dei suoi avvocati italiani che hanno raccontato a Panorama la battaglia legale di questa 35enne italiana che rivuole la sua bambina: strappatale letteralmente via dal grembo 15 mesi fa in Inghilterra, adesso potrebbe essere adottata da una famiglia inglese.

I servizi sociali inglesi, racconta, “le vietano di incontrarla”, dicendole che “è stata già adottata”. La verità invece è che in Inghilterra, nella contea dell’Essex, sono cominciati soltanto i primi incontri tra la piccola che, oggi ha un anno e quattro mesi, e la coppia che la vorrebbe con sé.
Alessandra chiede invece ciò che è naturale: che possa vivere con le altre due sorelle, vuole che crescano insieme, con una zia americana, sorella dell’ex marito che abita a Los Angeles. Alessandra risiede ora a Chiusi dove i servizi sociali sono già stati messi al corrente della situazione, secondo quanto riferito da testimonianze locali che parlano di quadro complesso.
Acquista lentamente nomi e luoghi la storia, pubblicata per la prima volta sul Sunday Telegraph, suscitando non poche polemiche oltremanica e attirando l’attenzione dei media britannici, tanto da poter arrivare in parlamento per iniziativa del deputato liberaldemocratico John Hemming che ne ha fatto un baluardo per la sua campagna per la riforma del diritto di famiglia nel Regno Unito.
A Chiusi Alessandra adesso ”si arrangia come badante di una coppia di anziani”, fa sapere l’avvocato Stefano Oliva. Sempre qui vivono anche le altre sue due figlie di 11 e 4 anni, concepite con due diversi padri, entrambi americani ed affidate alla nonna materna. Una zia americana ha fatto istanza al tribunale di Firenze per prendere in affidamento tutte e tre le bambine. Un tentativo che però si è presto tramutato in un’odissea burocratica, legata alle difficoltà di Alessandra che soffre di un disturbo bipolare.
La sua bimba è nata ad agosto del 2012 in Inghilterra dove Alessandra si trovava per seguire un corso di addestramento per diventare hostess della Ryanair. In albergo a luglio, all’ottavo mese di gravidanza, fu improvvisamente colta da una crisi di panico provocata dalla mancata assunzione dei farmaci che le regolano l’umore. Chiamò la polizia, che trovandola in quello stato decise di contattare la madre di Alessandra, e apprendendo così della causa di quel disgraziato iter giudiziario: il bipolarismo.
Alessandra fu ricoverata in una struttura ospedaliera psichiatrica. E in agosto fu portata in sala operatoria per il parto cesareo disposto dal giudice. A Londra dicono che a quel punto ”in Italia chi di competenza sapeva”. Eppure sembra che Alessandra ripetesse chiaramente ai medici di voler ”partorire in Italia”. Così la sua piccola venne al mondo e fu affidata ai servizi sociali dell’Essex. I legali segnalano a questo punto un altro intoppo burocratico nella registrazione della neonata: in un primo momento risultava registrata con il cognome del primo partner di Alessandra.
Poi le dimissioni e il rientro in Italia solo ad ottobre 2012. E’ a questo punto che forse, come anche gli avvocati riconoscono, si crea il vuoto giudiziario oggi difficile da colmare: perché Alessandra avrebbe probabilmente dovuto agire subito dopo il parto, mettere subito in discussione quanto disposto dalle autorità britanniche.
Alessandra sta ora lottando per far revocare la decisione presa lo scorso febbraio dalla giustizia britannica che ha dato avvio al processo per l’adozione della bimba in Inghilterra. Un caso complicato nel quale i legali italiani vedono anche uno ”scaricabarile delle autorità”, accusando d’indifferenza il consolato italiano, i ministeri della Giustizia e degli Esteri e l’ambasciata, ”allertati già nel maggio scorso”.
A Londra si apprende tuttavia che il consolato era stato messo al corrente dai servizi sociali dell’Essex nel dicembre 2012, che successivamente aveva ricevuto comunicazioni in copia dagli avvocati in Italia ma che le cose sono state gestite tra le autorità dell’Essex e il tribunale in Italia. E che in ogni modo la madre della piccola ”non si è mai rivolta direttamente alle autorità consolari”.