FIRENZE – Sono 2500 le persone che hanno partecipato alla prima giornata della Leopolda, la kermesse renziana che si terrà, per tre giorni, a Firenze. La manifestazione è iniziata in serata con il saluto del ministro Maria Elena Boschi e, a seguire, l’intervento del premier Matteo Renzi. La kermesse ripartirà domani, sabato 25 ottobre, con tavoli di discussione e interventi dal palco, e si chiuderà domenica intorno all’una con il discorso di chiusura di Renzi.
Prima parla lui, l’ideatore della Leopolda che nel 2010 la lanciò insieme a Pippo Civati. Poi i primi interventi sul palco delle persone invitate a raccontare da dove l’Italia deve ripartire. Verso le 24 la chiusura del primo dei tre giorni della kermesse renziana.
E’ finito il tempo dei governi bloccati, dalla tecnocrazia, dalla burocrazia europea e dalle manifestazioni dei sindacati. Matteo Renzi sale sul palco della quinta Leopolda, la prima di governo, la difende da chi l’aveva criticata e cerca di lasciarsi ingessare nemmeno ora dal suo ruolo istituzionale. Quest’anno sul palco è stato ricostruito il garage dove Steve Jobs ha assemblato il primo Mac.
L’abbrivio che lo porta fin qui, da Bruxelles, in effetti non è molto istituzionale. In poche ore ha capovolto l’impostazione dei governi che lo hanno preceduto, ha trattato a muso duro, in una trattativa a dir il vero già preparata anche da ministero dell’Economia, Quirinale, altissime istituzion. i europee. Ma in effetti ha trattato duramente, con toni anche assai irrituali.
Quando arriva a Firenze, l’Italia ha appena schivato la apertura della procedura di infrazione. Il premier però appena spostata in alto un’asticella, ne cerca subito un’altra. E invoca un’Europa che abbia “un cuore”, che parli alle persone e risolva i loro problemi.
Questo non vuol dire non tenere i conti in ordine e il nostro Paese lo farà, ma vuol dire avere i fondi per fare le riforme, dalla scuola al fisco. “Noi saremo credibili, passeremo dalle parole ai fatti” assicura in serata, anche in Europa “hanno capito che non scherziamo”, anche e pensavano che” l’Italia fosse irriformabile”. E a nulla varranno le pastoie di chi frena. “Gufi, no grazie” è scritto su una maglietta che sta andando a ruba all’entrata della Leopolda.
Dalla kermesse fiorentina il premier e segretario Pd chiede che parta l’impegno di coloro che vogliono “sconfiggere chi pensa che l’Italia non si può cambiare”. Sarà un caso, ma proprio domani (sabato 25 ottobre) a Roma la Cgil porterà in piazza migliaia e migliaia di persone contro il jobs act.
Poi la frase su l’Italia “Scalabile”: “La Leopolda del 2011 mi ha fatto capire che questo Paese era scalabile, so che questo termine creerà polemiche ma lo dico: per anni ci hanno raccontato che l’Italia era un paese chiuso, eppure giorno dopo giorno ci rendevamo conto che si potevano cambiare le cose sul serio”. L’ex sindaco ricorda poi la sconfitta del 2012: “Per me è stata una bellissima lezione”.
Renzi chiede di non mettere piazza e Leopolda in correlazione: “Qui non si protesta”, si cerca di far ripartire “una macchina ferma”. Grande rispetto per la manifestazione di domani, assicura Renzi, che mette le mani avanti e si professa poco turbato dalla prova di forza di domani, qualunque essa sarà: “Con tutto l’affetto e il rispetto, se mi fossi dovuto impressionare per tutte le volte che si protesta, farei un altro mestiere. Noi dobbiamo cambiare l’Italia, il resto verrà con calma”.
Certo, è lo stesso premier a calcare la mano sulla ‘politicizzazione’ della manifestazione, sottolineando la presenza di Nichi Vendola. Insomma, la tre giorni della Leopolda servirà a far capire che si cercano nuove idee, si sta al governo ma in un modo nuovo, ma soprattutto si va avanti, “dal garage la macchina si rimette in moto”, a dispetto di Bruxelles, della Cgil, delle burocrazie.
Per questo la Leopolda è utile, indispensabile e chi ne parla male “parla male della sa stessa gente”. Insomma, ancora una volta il leit motiv è quello. Bando ai gufi, bando a chi frena: “E’ finito il tempo in cui una manifestazione puo’ bloccare il governo e il paese. Noi non molliamo di un centimetro.”
Foto LaPresse
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