ROMA – Chiedono una svolta al Partito Democratico e vogliono essere ascoltati. Per questo i giovani del movimento “Occupy Pd” si sono presentati a Roma: dopo aver occupato le sedi di partito in tutta Italia, oggi hanno bussato alle porte dell’Assemblea nazionale. La base in fermento vuole fare sentire la propria voce: sono armati di un documento col quale intendono chiedere un reset dell’attuale dirigenza. E di un suggestivo slogan: “Siamo più di 101”, con un chiaro riferimento ai franchi tiratori che hanno affossato la candidatura di Romano Prodi al Quirinale.
Apparato, correnti, dirigenza sono i mali da esorcizzare. Non vogliono un congresso a tessere ma un congresso aperto con un segretario scelto dagli elettori, più inclusività rispetto alla società civile e chiarezza su tempi e modi di azione del Governo.
Un assaggio di quel che avverrà sabato tra i padiglioni della Fiera di Roma, è stato l’incontro promosso da un gruppo di 14 giovani deputati, capeggiati da Fausto Raciti negli spazi con biliardino e divanetti rossi del circolo Woody Allen, vicino San Giovanni. Una cinquantina sbarcati a Roma da tutta Italia. “Gli altri – spiegano – non potevano permettersi due giorni di soggiorno nella Capitale” e, con loro sorpresa, oltre ai giovani parlamentari, si sono trovati davanti il partito rappresentato dai suoi dirigenti.
”Dove il Pd si riunisce anche i dirigenti Pd devono esserci, perché non si gioca contro il Pd”, ha spiegato David Sassoli, che parla a nome dei facilitatori che hanno trovato la candidatura unitaria di Guglielmo Epifani alla segreteria. Nella sala con le sedie disposte in circolo si fa vedere anche il lettiano Mario Meloni. Vogliono portare un messaggio di apertura, in un momento in cui i sussulti dentro il partito rischiano di trasformarsi in problemi di stabilità per il governo. Ma quando Sassoli prova a difendere le ragioni di un esecutivo che ‘‘neanche Letta avrebbe voluto” e a chiedere di sostenerlo e ”rivendicarlo”, viene contestato.
”Come fai a dire certe cose? Il Governo deve cadere”. Ad alzare la voce è il cinquantenne, Antonio Graziadei, che racconta di essere nipote e omonimo di uno dei fondatori del Pci. Neanche ai giovani il governo piace e vogliono tornare al voto al più presto, spiegano, magari dopo aver fatto la legge elettorale e alcune misure sul lavoro. Ma non vogliono passare per ”sfascisti”, piuttosto promuovere un cambiamento vero dentro il partito. ”Il movimento è variegato e composito. E’ un moto d’orgoglio del Pd”, dice il deputato Fausto Raciti, che spiega: ”Lo scopo è riprendere in mano il Pd, perché il partito non è morto, ma questa classe dirigente è finita”.
Questo dunque il collante generazionale: la cancellazione della vecchia classe dirigente e delle logiche correntizie. ”Non vogliamo il cappello di nessuno sul movimento – dice il toscano Lorenzo Rocchi – ma vogliamo un congresso aperto”. ‘‘Non vogliamo un candidato di Occupy e non stiamo fondando una corrente’‘, dice la deputata Anna Ascani.
Quando Sassoli annuncia la candidatura unitaria di Epifani c’è chi in sala sbuffa e alza lo sguardo. ”Epifani è un Bersani di basso profilo, puzza di candidatura al congresso e noi invece vogliamo un congresso aperto”, dice il piemontese Luca Besonetto. In sala si fa vedere anche Pippo Civati ma va via presto e Raciti maligna: ”Ha fatto le interviste ed è andato via”.
E all’ipotesi che lui proponga una candidatura di Occupy, i giovani insorgono: ”Nessuno si azzardi a mettere il cappello sul movimento’‘. Domani un candidato loro non lo presenteranno anche perché non avrebbero le 80 firme necessarie, spiegano. Ma soprattutto perché la loro battaglia è per il congresso, per superare le ”ferite” recenti e provare a far emergere ‘‘un nuovo Pd”.
(Foto Ansa)
I commenti sono chiusi.