Strage Newtown: Adam Lanza, le armi in casa e le maestre eroine

NEW YORK – Adam Lanza ha massacrato 20 bambini e 6 adulti nella scuola elementare di Sandy Hook di Newtown, in Connecticut. Lanza, 20 anni, aveva imparato a sparare dalla madre Nancy, la sua prima vittima, e detentrice delle armi usate per la strage. La madre del giovane killer non insegnava nella scuola, ma qualche giorno prima Adam aveva avuto un diverbio con alcune persone che vi lavoravano. Se particolari della tragedia continuano ad emergere, tra conferme e smentite, rimane la certezza dell’orrore per questa strage e l’eroico gesto delle tre maestre uccise: Victoria Soto, Dawn Hochsprung e Mary Sherlach.

LE ARMIAdam ha usato le armi della madre Nancy, una appassionata e collezionista di fucili e pistole che portava i suoi figli a sparare al poligono. Questo quanto riferito da Dan Holmes, giardiniere della famiglia Lanza, al Daily News. Ed è proprio con una pistola di Nancy che Adam l’ha uccisa, sparandole in volto.

Nancy Lanza però non sarebbe stata una docente della scuola, come inizialmente affermato dai quotidiani. Il Wall Street Journal cita una ex componente del consiglio d’amministrazione della scuola secondo cui la Lanza non faceva parte del corpo insegnante. ”Nessuno ne ha mai sentito parlare. Gli insegnanti non la conoscevano”, ha detto Lillian Bittman che ha servito nel ‘board’ fino all’anno scorso. Il Washington Post parla invece di informazioni contrastanti secondo cui Nancy Lanza poteva essere una supplente. .

L’IRRUZIONEAdam Lanza non è stato fatto entrare nella scuola della strage: ”Ha fatto irruzione”, ha detto il capo della polizia Paul Vance in una conferenza stampa a Newtown contraddicendo una prima ricostruzione nella dinamica della tragedia.

Vance ha detto anche che quando è Arrivata sul posto la polizia ha dovuto infrangere ”molte finestre” per avere accesso alla scuola. La Sandy Hook School aveva da poco installato un nuovo sistema di sicurezza che impediva il libero accesso ai visitatori.

MAESTRE ED EROINE – Victoria Soto insegnava a una ‘prima’: ha fatto scudo col proprio corpo alla sua classe per proteggerla dalla furia omicida del giovane killer. Victoria aveva 27 anni: ha sacrificato la vita per i bambini che le erano stati affidati. ”L’hanno trovata abbracciata ai suoi piccoli allievi, facendo quello che istintivamente sentiva che era la cosa giusta”, ha detto alla Abc il cugino Jim Wiltsie.

Maryrose Kristopik, la maestra di musica, ha salvato venti bambini di ‘quarta’ chiudendoli negli armadi per gli strumenti musicali e barricando la porta. Eroica anche Maryrose Kristopik, l’insegnante di musica: ”Lui continuava a battere contro la porta per farsi aprire. Io cercavo di calmare i bimbi recitando loro alcune preghiere, dicendo che li amavo. Dicendo solo che c’era una persona cattiva nella scuola, senza altri dettagli”. Bimbi di nove e dieci anni che adesso le devono la vita. Solo dopo che nella scuola non si erano piu’ sentiti i colpi del killer Adam Lanza, Maryrose aveva lasciato uscire i piccoli allievi.

Mentre Dawn Hochspung, la preside, aveva avuto la presenza di spirito di accendere il megafono scolastico per un implicito ‘si salvi chi può’ prima di venir crivellata di colpi. Hochsprung, 47 anni e due figlie, stava in riunione con altri insegnanti e un genitore. Un incontro di routine, prima dell’inizio delle lezioni. Ha sentito gli spari e le urla, ma invece di ripararsi, ha avuto la prontezza di accendere il megafono per dare l’allarme prima di uscire nel corridoio e confrontare il killer.

Come la Kripstopik anche Kaitlin Roig aveva barricato i suoi bimbi di ‘prima’ nel bagno della classe e chiuso la porta a chiave: ”Mi chiedevano di uscire a vedere. Ma dicevano anche che non volevano morire, che volevano fare Natale. Io cercavo di essere positiva: avrete Natale, avrete Hannukah. Tranquilli”.

La psicologa Mary Sherlach, 56 anni, ha invece seguito la preside Hochspung mentre altre maestre si erano riparate sotto i tavoli: ”Non ci hanno pensato due volte”, ha detto Diane Day, una delle sopravvissute. Dawn e Mary sono state uccise a bruciapelo, ”come una esecuzione”, ha raccontato poi il rabbino Shaul Praver alla MsNbc.

AUTISMO NON SIGNIFICA VIOLENZA – L’autismo o la sindrome di Asperger non sono sinonimo di violenza. Adam ne soffriva, ma tali patologie non rendono autori di stragi. Un’affermazione che va condivisa ed un appello che l’associazione Divento Grande Onlus ha lanciato ai media:

“La generica indicazione del folle ragazzo autore della strage di New Town come autistico è molto pericolosa e rischia di essere gravemente controproducente per la battaglia culturale che si sta conducendo nel nostro paese per l’integrazione e l’assistenza ai ragazzi autistici”.

L’associazione spiega: “Chi ha esperienza di autismo sa che la preparazione e l’attuazione di una strage come quella avvenuta nella scuola sono atti assolutamente impossibili per chi affetto da forme di autismo anche lievi. Anche per un Asperger ad alto funzionamento mettere in atto quella serie di azioni e soprattutto programmarle appare francamente poco credibile. La recente storia americana ci ha purtroppo insegnato che tragedie come quella di ieri sono drammaticamente frequenti e che trovano alimento nelle personalità più diverse ed in una cultura nazionale, come quella statunitense, che trova sancita nella costituzione la libertà d’acquisto delle armi”.

E ora c’è un rischio che va evitato:

“Il rischio che questa luttuosissima vicenda possa in qualche modo pesare come una etichetta negativa sugli autistici va evitato. Perch questi ragazzi hanno bisogno di comprensione e non di sospetto, di integrazione e non di prevaricazione. Della violenza della nostra società sono spesso vittime (dal bullismo, all’indifferenza, alla prevaricazione) e mai artefici. Siamo consapevoli che dinanzi ad un evento orribile come questo il sistema dei media cerca, giustamente, tutte le ragioni e spiegazioni possibili, e proprio per questo ai media lanciamo un appello a non generalizzare, a non etichettare negativamente gli autistici. E una preghiera ma anche un appello al senso di civiltà che guida i giornalisti nel loro difficile lavoro quotidiano”.

Gestione cookie