“Ci siamo assuefatti a convivere con un meccanismo economico e finanziario che ci conduce inesorabilmente a una progressiva distruzione del tessuto produttivo del paese e delle istituzioni fondanti della democrazia: in questo quadro la perdita di imprese, posti di lavoro, know-how e mercati in corso è irreversibile, come lo è la progressiva abolizione dei poteri degli elettori, del Parlamento e, soprattutto, degli Enti locali: cioè dei Comuni, che sono le istituzioni del nostro ordinamento giuridico più vicine ai cittadini. La Grecia, avanti a noi di un paio di anni in quel percorso di distruzione delle condizioni di esistenza di un’intera popolazione imposto, con una omogeneità impressionante, a tutti i paesi europei del Mediterraneo, ci mostra come alla devastazione provocata dai diktat della finanza e dalla governance europea non ci sia mai fine.
Il Governo italiano non sa dove trovare otto miliardi per soddisfare le richieste su Iva e Imu a cui Berlusconi ha subordinato la sua permanenza nella maggioranza. Ma nessuno mette in discussione il fatto che ogni anno lo Stato italiano riesca sempre a trovare – e paghi – 80-90 miliardi di interessi ai detentori del debito pubblico italiano. E nessuno dice che dall’anno prossimo, a quegli 80-90 miliardi se ne dovranno aggiungere ogni anno altri 45-50 per riportare in 20 anni il debito pubblico al 60 per cento del PIL. Nel frattempo il PIL cala e il debito cresce mentre interessi e quota del debito da restituire aumentano; e nessuno sa o dice dove troverà tutto quel denaro che, con il pareggio di bilancio in Costituzione, non può che essere estratto da nuove tasse – ovviamente a carico di chi già le paga – facendo precipitare ancor più in una spirale senza fine occupazione, redditi, bilanci aziendali e spesa pubblica, cioè scuola, sanità, pensioni, ricerca, salvaguardia del territorio e del patrimonio artistico. C’è stata una cessione di sovranità a favore della finanza internazionale sia in campo economico che politico e ciò a cui molti di noi si sono assuefatti è l’idea che a tutto ciò “non c’è alternativa”.[…]
Il debito pubblico italiano, con gli interessi, è insostenibile e incompatibile con qualsiasi prospettiva che non sia la chiusura e il degrado progressivo di tutte le nostre fonti di sostentamento; lo Stato italiano, come quello greco, di fatto è già fallito. Ridurre in misura sostanziale il debito svendendo il patrimonio pubblico, più che un’illusione è un imbroglio: la svendita della quota pubblica di Eni, Enel, FS, Finmeccanica e Fincantieri oggi frutterebbe poco più di 100 miliardi, meno di quanto continueremmo a pagare ogni anno tra interessi e quota di restituzione; la svendita di tutto il demanio e degli immobili di Stato ed Enti locali a prezzi di mercato frutterebbe ancor meno. […]
“Ristrutturare il debito”, di Guido Viale, Il Manifesto, 25 giugno 2013.
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