ROMA – Matteo Renzi ha detto: “Noi che siamo la generazione Erasmus”, ma lui, rivela Luca De Carolis sul Fatto, non ne fa parte: “Matteo, pure l’Erasmus è abusivo”.
Leggi la parola Erasmus. E pensi subito a ostelli stipati di ragazzi, a libri su tavolini di fortuna, alle telefonate per assicurare ai genitori che sei ancora vivo. Leggi meglio, e scopri che a citarla come una carta d’identità è l’ex ragazzo Matteo Renzi, quello del cambia verso. Che però l’Erasmus non l’ha mai fatto. Nel suo perenne seminare slogan che sanno di rottamazione, novità e gioventù al potere, il premier l’ha (ri)detta grossa. O perlomeno ha esagerato. “Noi che siamo la generazione Erasmus, siamo chiamati a realizzare il sogno degli Stati d’Uniti d’Europa” declama nel messaggio che celebra il semestre della Ue a guida italiana. Peccato però che il premier non abbia mai usufruito del programma che, dal 1987, consente a ogni studente europeo di trascorrere in un’università dell’Unione un periodo di studio legalmente riconosciuto (da tre a 12 mesi). La sua laurea in Giurisprudenza se l’è costruita tutta in casa, a Firenze. Così racconta il curriculum, così sembrano ribadire le verifiche. E così ha scritto anche La Stampa, nel febbraio scorso. Ossia quando il Renzi neo-premier, nel discorso per la fiducia in Senato, assicurò: “Il mio governo rappresenta la generazione Erasmus”.
Altra frase incauta, perché gli scambi-studio sono materia ignota non solo per lui, ma pure per i suoi ministri. Nell’esecutivo renziano, l’Erasmus l’ha sperimentato solo Federica Mogherini, ministra agli Affari esteri, laureata in Scienze politiche. Nella sua trasferta studio ad Aix-en-Provence, in Francia, preparò la tesi sul rapporto tra religione e politica nell’Islam. Ci sarebbe poi Stefania Giannini (Istruzione), dal 2005 al 2009 rappresentante per l’Italia nel comitato dell’Erasmus Mundus presso la Commissione europea. Per il resto, zero. Niente trasferta europea neppure per Marianna Madia, ministra per la Pubblica amministrazione, laureata in Scienze politiche. E dire che nel 2008, in era veltroniana, la capolista Pd nel Lazio Madia si presentava come “esponente della generazione Erasmus”. Quattro anni dopo, il 13 settembre 2012, a Verona Renzi lanciava la sua campagna per le primarie citando “la generazione Erasmus”. A occhio ha copiato la sua ministra, riciclando a sua volta una definizione nata sul web. A ogni passaggio cruciale, Renzi si rigioca quella parola, Erasmus. Totem contro il vecchiume. Uno dei tanti, per il premier che ad Amici sfoggia il giubbotto di pelle alla Fonzie (da qui il neologismo grillino Renzie) e che ha reso l’iPhone un arto supplementare. Perché il Renzi pubblico deve essere moderno e giovane, sempre. Anche se l’Erasmus può solo rimpiangerlo.
I commenti sono chiusi.