Armani abolisce pellicce animali dalle sue collezioni

MILANO – Il gruppo Armani rinuncia alle pellicce di animali. Il 22 marzo la casa di moda ha annunciato il suo impegno per l’abolizione totale dell’uso di pellicce da animali in tutti i suoi prodotti, in accordo con la Fur Free Alliance. A partire dalla stagione autunno inverno 2016/2017 tutte le collezioni del Gruppo saranno pertanto ‘fur free‘.

In una nota il gruppo Armani spiega che esistono, grazie alla tecnologia, valide alternative alle pellicce da animali, che vengono ottenute con pratiche crudeli:

“Il progresso tecnologico raggiunto in questi anni ci permette di avere a disposizione valide alternative che rendono inutile il ricorso a pratiche crudeli nei confronti degli animali. Proseguendo il processo virtuoso intrapreso da tempo, la mia azienda compie quindi oggi un passo importante a testimonianza della particolare attenzione verso le delicate problematiche relative alla salvaguardia e al rispetto dell’ambiente e del mondo animale”.

L’annuncio arriva nel giorno in cui Armani si aggiudica il secondo posto come impresa italiana per reputazione, subito dopo la Ferrero che ha conquistato il 18° posto mondiale. A seguire la casa di moda sono Pirelli, Barilla e Lavazza secondo il ‘Global RepTrak’, che viene stilato ogni anno dal Reputation Institute, secondo il quale questa voce vale una crescita compresa tra il 27 e il 37% per redditività e margini.

In Italia Ferrero è leggermente migliorata dal 20° posto del 2015, Armani dal 37°, mentre Barilla si sta progressivamente riprendendo dalle dichiarazioni del settembre 2013 del presidente Guido Barilla sull’intenzione di utilizzare nella propria pubblicità solo famiglie tradizionali e non coppie omosessuali: dal 34° posto del 2013 il gruppo alimentare era crollato alla 55° posizione l’anno successivo, per risalire alla 46° l’anno, fino alla 43° attuale. Secondo Reputation Institute, i valori di Borsa degli ultimi sei anni dei 20 grandi gruppi italiani con un alto punteggio reputazionale sono in media raddoppiati, mentre l’indice Ftse Mib è rimasto praticamente fermo.

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