La madre di Sanaa come quella di Hina giustificano il marito che ha ucciso per “onore” la propria figlia. Musulmane o cristiane poco importa, tutte e due hanno dato alla luce due bimbe, diventate donne e che, in quanto tali, volevano scegliere come condurre la propria vita.
Fatna El Kataoui e Bushra Saleem hanno in comune una tragedia, che è la morte di una figlia, ma anche una reazione sorprendente: quella di sottomettersi alle scelte di un marito-padre-padrone, culminate in un gesto folle.
Nel caso di Sanaa il genitore ha pugnalato al torace, nel caso di Hina ha usato la lama per sgozzare. Le vittime sono due ragazze trapiantate nel nord dell’Italia, una dal Marocco e l’altra dal Pakistan, che poco ricordano i paesi di origine e hanno “peccato” innamorandosi dell’uomo sbagliato, un italiano, ma sopratutto un non musulmano. L’islam proibisce alle donne di sposarsi con un cristiano, cosa invece permessa se è un uomo a unirsi in matrimonio a una sposa appartenente a una delle tre religioni cosiddetto “del Libro” (ebraismo, cristianesimo e islam).
All’interno del ménage familiare di Sanaa e Hina il ruolo maschile, rivestito dal padre, era predominante: la figlia andava gestita secondo i dettami del padre. La moglie, nonché madre, aveva scarsa voce in capitolo. Dopo i delitti però quella voce è tornata prima flebile, poi violenta. Appena ha saputo della morte di quella ragazza che ha portato diciotto anni prima in grembo, Fatna El Kataoui ha puntato il dito contro il coniuge: «Voglio mia figlia. Mi ha tradito. Ha ucciso la mia cara». A qualche giorno di distanza e dopo le dovute consultazioni con l’imam di Pordenone, Mohammed Ouatiq, però ha ritrattato e il suo dolore si è trasformato in rabbia, verso quella giovane che è caduta in fallo. «Perdono mio marito: ha commesso un gesto orrendo, ma è mio marito, il padre di altre mie due figlie. Forse ha sbagliato Sanaa».
Parole inequivocabili e che pesano sulla memoria di una giovane scomparsa per la furia integralista di un padre che ha scambiato la religione con la ferocia e l’onore. Sono le stesse che ha usato la mamma di Hina, uccisa nel 2006 dal padre a soli 20, con l’aiuto di altri parenti in Valtrompiacome, nel bresciano. Busha Saleem non ha rimorsi né dubbi: «L’ho perdonato, mia figlia sbagliava». L’errore erano quei vestiti occidentali, quel ragazzo che non ne sapeva nulla delle sue tradizioni.
Il fidanzato di Sanaa, Massimo De Biasio, come quello di Hina, è spezzato dal dolore e dalla rabbia. È lui la causa della morte della sua fidanzata e cerca una ragione a tutto questo, l’unica via d’uscita è incolpare la religione: «Il problema non era la differenza d’età ma quella di religione. L’aveva scritto sui messaggi sms che ci avrebbe uccisi, l’aveva scritto ma chi poteva crederci. Delle persone così integraliste non possono pensare di venire con i figli, farli girare, mandarli a scuola o al lavoro e non pensare che possa nascere qualcosa con un italiano. Ho provato a difenderla, non ce l’ho fatta. Pensavamo di dirgli che ci saremmo sposati in modo che accettasse la nostra storia».
La loro storia però è finita in quel bosco di Montereale Valcellina, vicino alla macchina in cui si erano dati quello che sarebbe stato l’ultimo bacio.
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