La parabola dei talenti guidò l’imperatore Massimiliano II, Busbecq: “non è per se stesso che Dio”

a cura di Sergio Carli
Pubblicato il 21 Aprile 2024 - 08:46
Parabola e Nicolas Neufchâtel, ritratto di Massimiliano II d'Asburgo, 1566 circa, Kunsthistorisches Museum.

Nicolas Neufchâtel, ritratto di Massimiliano II d’Asburgo, 1566 circa,

La parabola dei talenti sembra avere guidato la vita dell’imperatore d’Austria Massimiliano II, fratello e successore di Carlo V, quello del sole che non tramonta mai e del sacco di Roma.
  • Diceva Massimiliano che non è per se stesso che è stato nominato da Dio a un ufficio così importante; il timone dell’impero non gli è stato affidato affinché possa crogiolarsi nei piaceri e nei divertimenti.
  • Esemplare il suo carattere e il suo comportamento, da come lo descrive Ogier Ghislain de Busbecq, che fu, fra le altre cose, due volte ambasciatore a Istanbul, alla corte del sultano Solimano il Magnifico.
  • Il brano è tratto da “The life and letters of  Ogier Ghislain de Busbecq, lettera 4.
Così Busbecq descrive “alcuni dettagli della vita privata” dell’imperatore, Si alza alle cinque, anche nei mesi invernali più rigidi, e dopo le preghiere e l’ascolto della messa si ritira nella sala del consiglio, dove si dedica agli affari pubblici fino all’ora di cena.
 
“Quando dico cena non intendo la sua, ma quella dei suoi consiglieri, perché lui stesso non tocca mai la cena e non prende cibo più di una volta al giorno e poi con parsimonia”.
Qui Massimiliano sembra anticipare la dieta in voga di questi tempi, che ci vuole lontani dalla tavola alla sera per lasciare riposare fegato e compari.
Beveva anche poco, solo due golate di vino.
 
“Da quando ha perso la moglie, nessun’altra donna ha potuto prendere il suo posto. Non gli piacciono gli scherzi e i divertimenti da cui molti sono attratti”. Niente giocolieri, buffoni, parassiti, non è mai inattivo e se gli avanza del tempo dagli affari di Stato, lo dedica alle conversazioni con uomini di valore e di cultura, che, in particolare, lo affiancano a cena, e dialogano con lui su vari argomenti.
 
Non molti dei suoi sudditi desidererebbero cambiare il loro modo di vivere per il suo, così frugale e severo. Infatti quanto raramente è possibile trovare un uomo che non dedichi una parte della sua vita al piacere?
Chi sopporterebbe allegramente la perdita di tutti i suoi divertimenti? Chi non sarebbe disgustato di trascorrere i suoi ultimi anni in mezzo a incessanti affari e preoccupazioni, una condizione che somiglia più alla schiavitù che alla sovranità?
Ma l’imperatore è di diverso avviso, e quando parla con i suoi amici è solito dire che “non è per se stesso che è stato nominato da Dio a un ufficio così importante; il timone dell’impero non gli è stato affidato affinché possa crogiolarsi nei piaceri e nei divertimenti; le condizioni alle quali vengono ereditate le fortune private sono molto diverse da quelle che regolano la successione ai regni e agli imperi. A nessuno è proibito usare e godere dei vantaggi del suo patrimonio, ma tutte queste numerose nazioni sono state affidate da Dio alla sua cura, affinché possa prendersi cura di loro e sopportare la fatica, mentre loro godono dei frutti delle sue fatiche; affinché possa sopportare il peso e il caldo della giornata, mentre loro riposo e pace sono assicurati».
La caccia è l’unico divertimento a cui prende mai parte, e non tanto per amore del piacere quanto per la salute. Infatti, quando sente che la sua mente e il suo corpo hanno bisogno di essere rinforzati dopo un lungo periodo di lavoro sedentario, sceglie un giorno per rinfrescarsi con l’esercizio all’aria aperta e molta aria fresca.
In tali occasioni, molto presto al mattino, in estate all’alba, in inverno alcune ore prima dell’alba, esce a caccia, qualunque sia il tempo. A volte, però, a questa occupazione è dedicato solo il pomeriggio.
Ricordo che una volta lo sentii dire, mentre ero accanto a lui a pranzo: “Ho fatto tutto il mio lavoro, ho finito tutti i miei affari, sono arrivato in fondo alla cassetta dei dispacci, non è rimasto più niente in cancelleria” per trattenermi; il resto della giornata lo trascorrerò nell’esercizio fisico.”
E così ritorna a casa, quando la notte è già avanzata, felice di aver ucciso un cinghiale, o un cervo, o, talvolta, anche un orso, e senza prendere alcun cibo o beve, si mette a dormire, tutto stanco delle sue varie fatiche.