Il genere porno vende, il genere “mamma” vende, il “porno-mamma” stravende. Erika Leonard, inglese di 48 anni, sposata e con figli, che si firma E.L. James (le sue iniziali più il cognome del nonno) ha venduto in tutto il mondo dieci milioni di copie in sei settimane. Con una saga erotico-cromatica in tre tomi che arriva nelle librerie italiane coi titoli Cinquanta sfumature di Grigio, Cinquanta sfumature di Nero e Cinquanta sfumature di Rosso.
Paola Zanuttini del “Venerdì di Repubblica” l’ha intervistata a Londra e sintetizza così l’argomento dei libri della Leonard: “La storia di Anastasia Steele, la sua giovane e ingenua eroina che, per amore di Christian Grey, un riccone (adottato) torbido e irresistibile, si fa legare, frustare e tutto il resto, in una lussuosa stanza delle torture. Prendendoci anche gusto e suscitando una domanda più scottante dei suoi bollori: quanto è liberata una donna che decide di sottomettersi?”
Il personaggio dell’autrice è rimasto per mesi nell’anonimato, protetto da una cortina di nebbia. Ma, dato il genere di libri che ha scritto, non poteva difendersi tanto a lungo dalla curiosità pruriginosa che aveva suscitato sulla sua vita privata. L’ha stanata a marzo un reporter dell’Evening Standard. Era passato quasi un anno da quando il suo primo libro era stato pubblicato, e nessuno ancora sapeva niente di lei. Figlia di uno scozzese operatore della Bbc e di una cilena, prima di immergersi nella scrittura si era laureata in Storia medievale e lavorava come produttrice televisiva. Con un marito che scrive sceneggiature per la tv e due figli maschi di 15 e 17 anni.
Non proprio una biografia “estrema”. Né un “personalino” particolarmente sexy. Descritto non senza ironia dalla Zanuttini: “Arriva nel chiassoso roof garden della Soho house, club molto ganzo per creativi a vario titolo, con un’aria trafelata non proprio dark lady. Una solida quasi cinquantenne con la frangia e senza trucco, avvolta in un giaccone così così”.
Della sua intimità, dei suoi gusti sessuali l’intervistatrice non riesce a carpire nulla. Neanche delle sue idee su “quella che ai tempi belli del femminismo si chiamava politica del sesso“. E i riferimenti letterari? “Non sa nulla di Justine ne d’Histoire d’O e cita fra le sue fonti solo autrici da catalogo Harmony come Brenda Joyce, Nora Roberts, Laura Kinsale, Judith McNaught o Catherine Coulter; «che scrivono storie d’amore condite con un po’ di sesso»”. Afferma che sul suo libro “si è fatto anche troppo rumore, ho scritto solo un romance, aggiungendosi una buona dose di pepe […] Se proprio cercate un messaggio, eccolo: usate sempre il preservativo. Christian lo infila e lo sfila in continuazione”.
Modestia british che rischia di essere percepita come mediocrità. Così, quel che viene consegnato al pubblico è solo la “genesi” dei suoi bestseller. Galeotto per il suo amore per la scrittura fu Twilight, il romanzo dell’americana Stephanie Meyer sull’amore di una ragazzina per un vampiro, diventato poi concime per film in serie di grandissimo successo. La lettura ossessiva di Twilight fece venire alla Leonard tanta voglia di scrivere. Confeziona due love story, il marito le legge e sentenzia: “Fanno schifo”. Insiste. Ne scrive una terza che ha un maggiore successo (col marito). Continua.
“Un’amica la informa che c’è un sito in cui può postare il suo work in progress, lei le dà ascolto e posta, firmandosi Snowqueens Icedragon”. Poi trasloca in un sito tutto suo. Che va così forte da suscitare l’attenzione di una casa editrice: “The Writers’ Coffee Shop, piccolo editore austrialiano di e-book e libri stampati on demand. Appena pubblicata, la trilogia spopola negli Stati Uniti grazie al passaparola e al fatto che l’ordinazione via mail evita alle acquirenti imbarazzanti richieste in libreria, mentre la lettura su Kindle o su altri dispositivi elettronici (senza copertine rivelatorie) consente alle assatanate signori di gustarsi le succose (i fluidi si sprecano) acrobazie sado-maso di Anastasia e Christian perfino nella sala d’attesa del pediatra”.
Il libro, come racconta la Zanuttini, è di quelli che fanno effetto: “C’è chi ha parlato della necessità di indossare un pannolino durante la lettura, alludendo ai succitati fluidi, e chi ha vagheggiato esplorazioni di mani birichine sotto le lenzuola, in caso di letture notturne. Come dire: un trionfo di perbenismo e di gusto del proibito. Il peggio delle donne? Chissà. E subito, a ruota, il dibattito femminista, assai teorico e pretestuoso”.
Già, il femminismo. Viene scomodato, quasi mai a proposito, ogni volta che una donna scrive di sesso (e vende). Evento non raro, soprattutto nella seconda metà del Novecento. Partendo da Erica Jong e la sua Paura di Volare (1973), storia autobiografica di sesso crudo, psicanalisi e liberazione della donna molto al passo con quei tempi. Poi nel 1978 ci fu il grande successo del Delta di Venere, serie di racconti scritti negli anni 40 da Anais Nin, musa di Henry Miller.
Il 1989 non fu solo l’anno della caduta del Muro ma anche quello del “caso” Almuldena Grandes, spagnola, che fece scalpore con Le età di Lulù, Bildungsroman anche questo autobiografico e incentrato sul sesso che diventò anche un film, diretto da Bigas Luna e interpretato dall’esordiente Francesca Neri. Spinto, violento e porno-autobiografico fu Baise Moi (“Scopami”), romanzo uscito nel 1999 della francese Virginie Despentes, che poi ne fece un film girandolo lei stessa, vietato ai minori di anni 18. Un Thelma & Louise a luci rosse con vere scene porno interpretato da veri attori e attrici porno. Una delle due attrici protagoniste, Karine Bach in arte Karen Lancaume, morì poi suicida nel 2005.
Sempre autobiografico è Vita sessuale di Catherine M., uscito nel 2001, 2,5 milioni di copie vendute. Fece scandalo perché l’autrice Catherine Millet è considerata un’autorità nel mondo dell’arte francese. In Italia, se bisogna parlare di casi editoriali, non può non venire in mente 100 colpi di spazzola prima di andare a dormire, uscito nel 2003 e scritto dall’allora diciottenne Melissa Panarello, che però inizialmente si nascose dietro il nom de plume di Melissa P. Anche qui autobiografia, scritta in forma di diario, anche qui scandalo, stroncature dei critici e successo clamoroso di vendite in 42 Paesi.
Tutto era nato dal romance, come spiega Guido Davico Bonino sempre sul “Venerdì”. Genere narrativo di avventure e passioni estreme che culmina nel romanzo gotico dell’Inghilterra di fine ‘700. Poi si evolve, raggiungendo un pubblico sempre più vasto, nel feuilleton o romanzo d’appendice. Nel primo Novecento, con l’avvento della “cultura di massa”, diventa romanzo di serie b (“rosa”, “rosso”, “giallo” o “nero”) in cui nomi anche illustri si avventurano per ragioni eminentemente alimentari.
Piccolo catalogo a cura di Bonino: “L’alcova d’acciaio di Marinetti, autore anche del manualetto Come si seducono le donne. Il ventisettenne protopoeta Guillaume Apollinaire s’era scatenato nel delirio pornografico di Le undicimila verghe (1907), imitato per le stesse ragioni di portafoglio dal trentenne surrealista Louis Aragon con La vulva d’Irene. Con natali culturalmente meno nobili e politicamente meno raccomandabili, Pitigrilli (all’anagrafe Dino Segre), aveva posato da romanziere scandalistico e controcorrente con Cocaina (1921) e con La vergine a 18 carati (1924)“.
Catalogo parziale, catalogo che non conosce crisi o guerre che ne possano fermare l’espansione: perché, si sa, le vie (editoriali) del porno sono infinite.