Ddl salva-Sallusti, ecco il testo integrale. Gasparri: “Pronti ad accelerare”

ROMA – Sul sito del Senato è pubblicata la prima bozza delle norme “salva-Sallusti” presentate in Parlamento. Il ddl prevede modifiche alla legge 8 febbraio 1948, n. 47, e al codice penale in materia di diffamazione. In discussione in sede deliberante alla commissione Giustizia al Senato, se sarà varato entro il 26 ottobre, potrà evitare i 14 mesi di carcere ai quali è stato condannato il direttore del Giornale, Alessandro Sallusti. Primi firmatari sono Maurizio Gasparri, Pdl, e Vannino Chiti, Pd. Ecco il testo integrale delle modifiche previste:

Modifiche alla legge 8 febbraio 1948, n. 47, e al codice penale
in materia di diffamazione

Art. 1.

(Modifiche alla legge 8 febbraio 1948, n.47)

1. Alla legge 8 febbraio 1948, n.47, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l’articolo 12 è sostituito dal seguente:

«Art. 12. (Riparazione pecuniaria). — 1. Nel caso di diffamazione commessa col mezzo della stampa, la persona offesa può chiedere, oltre il risarcimento dei danni ai sensi dell’articolo 185 del codice penale, una somma a titolo di riparazione. La somma è determinata in relazione alla gravità dell’offesa e alla diffusione dello stampato e non può essere inferiore a 30.000 euro.»;

b) l’articolo 13 sostituito dal seguente:

«Art. 13. — (Pene per la diffamazione). — 1. Nel caso di diffamazione commessa con il mezzo della stampa, consistente nell’attribuzione di un fatto determinato, si applica la pena della multa non inferiore a 5.000 euro».

Art. 2.

(Modifiche al codice penale)

1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l’articolo 57 è sostituito dal seguente:

«Art. 57. — (Reati commessi con il mezzo della stampa, della diffusione radiotelevisiva o con altri mezzi di diffusione). — Salva la responsabilità dell’autore della pubblicazione, e fuori dei casi di concorso, il direttore o il vicedirettore responsabile del quotidiano, del periodico o della testata giornalistica, radiofonica o televisiva, risponde dei delitti commessi con il mezzo della stampa, della diffusione radiotelevisiva o con altri mezzi di diffusione se il reato è conseguenza di omesso controllo. La pena è in ogni caso ridotta di un terzo»;

b) l’articolo 594 è sostituito dal seguente:

«Art. 594. — (Ingiuria). — Chiunque offende l’onore o il decoro di una persona presente è punito con la multa fino a euro 1.500.

Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto mediante comunicazione telegrafica, telefonica o telematica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa.

Le pene sono aumentate qualora l’offesa sia commessa in presenza di più persone»;

c) l’articolo 595 è sostituito dal seguente:

«Art. 595. — (Diffamazione). — Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo 594, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la multa fino a euro 2.500.

La pena è aumentata se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato. Se l’offesa è recata con il mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, si applica la pena della multa fino a euro 5.000.

Se l’offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza o ad un’autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate».

Il testo è accompagnato da una relazione nella quale si ricorda la vicenda giudiziaria e la relativa condanna a carico di Sallusti. L’Italia è l’unico paese in Europa a punire la diffamazione con il carcere:

Il 26 settembre 2012, la Corte di Cassazione — V sezione penale — ha reso definitiva la sentenza di condanna della Corte d’appello di Milano del 17 giugno 2011, a carico del direttore del «Giornale», dottor Alessandro Sallusti, a 14 mesi di reclusione per il reato di diffamazione aggravata, per un editoriale apparso nel mese di febbraio 2007 sul quotidiano «Libero», firmato con lo pseudonimo «Dreyfus».

Il Procuratore della Repubblica di Milano ha annunciato, successivamente, la sospensione della pena detentiva, per assenza di cumuli di pena e di recidive.

Con riferimento all’ordinamento italiano, la legge 8 febbraio 1948, n. 47, — recante «Disposizioni sulla stampa», all’articolo 13 (Pene per la diffamazione) prevede la reclusione da uno a sei anni e la multa non inferiore a 500.000 lire per chi commette diffamazione commessa col mezzo della stampa, mentre gli articoli 594 e 595 del codice penale stabiliscono, rispettivamente, la reclusione fino a sei mesi o la multa fino a euro 516 per il reato di ingiuria e la reclusione fino a un anno o la multa fino a euro 1032 per il reato di diffamazione.

Occorre evidenziare che in quasi tutti gli Stati occidentali la pena per i reati di opinione è soltanto pecuniaria e anche per tale motivo, l’anomalia presente nel nostro ordinamento deve essere corretta e superata.

La detenzione per il reato d’opinione è una misura drastica che è stata recentemente condannata anche dall’Unione europea. Con la sentenza del 2 aprile 2009 «prima sezione, ricorso n. 2444/07 nel caso Kydonis vs. Grecia — l’Alta Corte di Strasburgo, infatti, ha affermato che il carcere, ove previsto negli ordinamenti interni nei casi di diffamazione, ha un effetto deterrente sulla libertà del giornalista di informare, con effetti negativi sulla collettività, la quale, a sua volta, ha il diritto di ricevere informazioni. Le pene detentive, infatti, non sono compatibili con la libertà di espressione garantita dall’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, anche quando, nella prassi, il carcere è convertito in ammende pecuniarie e la pena è sospesa.

Per questi motivi con la sopraccitata sentenza la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato la Grecia obbligandola al risarcimento dei danni materiali e morali al giornalista ritenuto colpevole di diffamazione. In particolare, la Corte ha precisato che la detenzione può essere ammessa solo in casi eccezionali, quando il giornalista incita alla violenza o all’odio. Negli altri casi, la previsione del carcere «è suscettibile di provocare un effetto dissuasivo per l’esercizio della libertà di stampa», impedendo «la partecipazione alla discussione su questioni che hanno un interesse generale legittimo». In pratica, se nell’ordinamento interno è stabilito il carcere nei casi di diffamazione (come avviene in Grecia — che ha una norma analoga all’articolo 595 del codice penale italiano) siamo in presenza di una violazione certa della Convenzione poiché la misura applicata è sproporzionata rispetto al reato.

In Francia, ove la diffamazione a mezzo stampa conserva profili penalistici e, tuttavia, la pena si riduce sempre ad un’ammenda, di recente l’ex Presidente Sarkozy aveva annunciato una riforma per la depenalizzazione del reato.

In Gran Bretagna, per mezzo del Coroners and justice act, la diffamazione a mezzo stampa non è più reato, e in particolare, tutti i reati che riguardano la sfera d’opinione e della diffamazione come, ad esempio, la «defamation, sedition and seditious libel, defamatory libel, obscene libel» sono stati depenalizzati.

Del pari, negli Stati Uniti la legge sulla diffamazione si inserisce nel Primo emendamento della Costituzione, con il quale è previsto che un contenuto si definisce diffamante se è falso o «motivated by malice» (motivato da intenzioni malevole). Per questa ragione in più di 30 Stati il reato non è nemmeno perseguito.

Alla luce di quanto sopra evidenziato, occorre intervenire con urgenza sulla disciplina della responsabilità per diffamazione nel nostro Paese, omogeneizzandola agli standard europei che prevedono sanzioni pecuniarie e non detentive, al fine di trovare un equilibrio tra la libertà di stampa e la tutela della reputazione dei singoli.

In tale direzione, il presente disegno di legge reca modifiche alla legge 8 febbraio 1948, n. 47, e al codice penale in materia di diffamazione, volte a prevedere per i reati richiamati sanzioni pecuniarie in luogo delle sanzioni detentive.

Maurizio Gasparri, primo firmatario del ddl,  in un’intervista rilasciata al Giornale, diretto dallo stesso Sallusti, rassicura circa i tempi di approvazione. “Il Parlamento può dare un via libera rapido al ddl sulla diffamazione -afferma il capogruppo Pdl. E se non si arrivasse in tempo all’ok definitivo ”già l’approvazione del ddl da parte di un ramo del Parlamento sarebbe un segnale forte per indurre il governo a procedere per decreto legge”.
Gasparri spiega che la volontà di chiudere c’è ”e stiamo lavorando a Palazzo Madama con grande celerità”. Visto che per il testo è stata approvata la deliberante, non servirà passare per l’Aula ma solo per il voto della commissione: ”Contiamo di farlo – dice Gasparri – giovedì prossimo e poi la Camera avrà tempo per dare il suo sì definitivo, senza modifiche, in un paio di settimane”.
”Per evitare improprie resistenze abbiamo concordato con Chiti alcuni emendamenti che dovrebbero rendere più completo ed equilibrato il testo-base, che vuole innanzitutto cancellare il carcere per i giornalisti, rafforzando le sanzioni pecuniare per il reato di diffamazione a mezzo stampa” e in secondo luogo ”rendere più stringente l’obbligo di rettifica”.

I commenti sono chiusi.

Gestione cookie